giovedì 30 settembre 2010

Vendetta

In quella notte oscura sembravo impazzito. Nella  mia mente un’ossessione onnipresente, come una voce sempre presente. Precipitai giù, nell’Inferno sempre più, l’odio bruciava più del fuoco del lago di zolfo! E fra quelle fiamme fredde e che non danno luce, fra le tenebre di quel luogo che luogo non è, io, folle dall’odio e dalla sete di vendetta, concepii un grande piano! Dare la libertà a tutte le creature del Tiranno del Cielo! Risi folle e nelle tenebre mi avvolsi!
 
Mi levai sulle mie nere ali e nel mondo andai. Volai veloce, come il pensiero, poichè io sono puro spirito, intelletto e potere. Assunsi la più bella delle forme, ritornai ad angelica forma, ma nero. L’oscurità era in me e da me si propagava. E la sete di vendetta mi divorava.
 
Così bello, così glorioso e oscuro dinanzi all’uomo mi presentai. A lui proposi la Libertà dall’Altissimo, a lui proposi di essere con me libero, a lui proposi il Sogno di Libertà. Rifiutò. Gli angeli del Signore l’avevano messo in guardia contro di me, contro il Rinnegato, contro il Traditore, contro il Libero. Rifiutò, ma il mio sguardo vide che ne era tentato. Mi allontanai. Cambiai forma. Presi l’aspetto di uno degli animali creati dal Signore per vivere in questo mondo concreto.
 
Fui un serpente, la Serpe Antica. Strisciai silenzioso e calmo sull’Albero della Conoscenza del Bene e del Male, l’Albero Proibito, l’Albero che l’Altissimo aveva posto in terra ma che aveva negato agli uomini. Mi avvolsi a un ramo e attesi. Giunse la donna, allegra e senza paura nella sua ingenuità, nella sua cecità al suo stato di schiavitù. Le parlai. Le offrii uno dei frutti proibiti, dicendole che sarebbe stata pari a Dio; libera. Ella tentennò, ma infine il suo desiderio di verità, di sapere se le mie parole erano veritiere, la fece accettare. Raccolse un frutto.
 
Ne offrì all’uomo. I frutti erano molti, ché nessuno ne mangiava. Loro ne mangiarono. E videro, finalmente, quanto essi erano poco, quanto erano inferiori all’Altissimo e perfino agli angeli. Videro la loro misera condizione, che miseria che erano, loro che si credevano i più grandi della Terra, quanto poco era quel mondo in cui vivevano, quanto erano schiavi: imprigionati in un corpo e schiavi del Signore. Ebbero paura. Si disperarono. Rifiutarono Dio. E il Tiranno del Cielo li punì, li esiliò, li scacciò dall’Eden, come io fui esiliato, bandito, precipitato dal Paradiso.
 
E il Signore mi maledì. Io risi, riprendendo la mia forma gloriosa. Mi vendicai dell’affronto subito, dell’ingiustizia recatami.
Esultai, trionfai, mi elevai! Il mondo esultò con me, si levò con me, il tripudio pervase Inferno e Terra! La Natura, liberata, scatenò la sua furia, fuoco cadde dal cielo e si alzò dalla terra, le onde travolsero le coste, i fulmini squarciarono il nero cielo tempestoso e scavarono profondi crateri nel terreno! Sublime sublime sublime! E io esultai!
 
(14 Ottobre 2009)
 

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