giovedì 30 dicembre 2010

Povertà della Chiesa? E perché?

Sarebbe interessante notare che il Cattolicesimo, nella versione che per secoli dominò l'Europa (quella cattolica si intende), non poneva la "questione sociale" al centro dei suoi interessi, ovvero non aveva come compito il rendere i poveri meno poveri, l'uguaglianza sociale, il preservare i deboli dai forti e quant'altro, tutte cose che fanno parte del Cattolicesimo da un secolo e poco più. Da poco meno di due secoli invece il Cattolicesimo si preoccupa e auspica alla pace, quando la guerra è sempre stata tutto sommato approvata (con le dovute precisazioni e limitazioni) ed era anzi, in determinati casi (la guerra santa) mezzo per provare la propria fede a Dio e di guadagnarsi la salvezza. D'altronde, lo Stato Pontificio era perfettamente in grado di schierare un esercito per gran parte della sua storia (cosa che mai andrebbe dimenticata) e, in quanto Stato, doveva aver a che fare con il denaro e la sua amministrazione (altra cosa da non scordare, insieme al fatto che è ancora uno Stato, per quanto ridimensionato). L'indirizzo pauperistico si esaurì piuttosto presto all'interno della Chiesa di Roma, la quale per necessità si trovò a gestire tutta la regione del Lazio (grosso modo), ufficialmente per conto dei Bizantini, ma, a mano a mano che il potere di Bisanzio sulla penisola scemava e che Roma si trovava sempre più isolata in mezzo a barbari eretici, fu per necessità che il pontefice, unica autorità rispettata e autorevole in grado di farlo, si prese il carico di far proseguire la vita in quella piccola regione dimenticata dall'imperatore d'Oriente. L'abitudine fece sì che fosse del tutto normale per la Chiesa avere beni terreni, e d'altronde le chiese erano spesso oggetto di donazioni da parte di ricchi e nobili (prima dell'avvento dei barbari, la chiesa di Roma possedeva enormi estensioni di terre in pianura padana e in Sicilia, oltre che altrove, dono di senatori senza figli o semplicemente devoti). La vena pauperistica non si estinse mai e in ogni caso rimase sempre qualcosa d'essa all'interno della Chiesa Cattolica. Sappiamo che più volte sono stati fatti rinnovamenti della Chiesa per combattere il troppo attaccamento ai beni terreni, ma non per rendere poveri , o più poveri, gli ecclesiastici (tali riforme sono state sempre collegate a riforme più generali, circa la moralità del clero). Sappiamo che sono nati molti movimenti pauperistico evangelici, la maggior parte dichiarati eretici, ma non tanto per il loro dichiarare la povertà della Chiesa, ma quanto piuttosto per il voler concedere ai laici il predicare e il giudicare il clero corrotto, quando la Chiesa era impegnata a separare sempre più il clero dal laicato ed ad escludere quest'ultimo dalla vita attiva all'interno della Chiesa. Inoltre, spesso questi movimenti si ponevano in maniera polemica nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche. Anche il movimento dei Frati Minori si può ascrivere a questa categoria, ma con importanti differenze, che gli permisero di sopravvivere e di integrarsi all'interno della Chiesa. Innanzi tutto, San Francesco poneva come assolutamente fondamentale l'obbedienza alla Chiesa romana; sosteneva la povertà, ma non diceva che tutta la Chiesa dovesse seguire il suo stile di vita; voleva predicare, ma cercava sempre il permesso del vescovo locale; voleva integrarsi all'interno della Chiesa, e non condannarla o sostituirla; infine, ma non meno importante, era papa all'epoca Innocenzo III, un papa lungimirante, che intuì le potenzialità dei francescani e che, in generale, stava tentando di inserire questi movimenti ereticali nella Chiesa, ove questo era possibile. In ogni caso, dopo la morte di Francesco, la sua figura venne rivisitata e i suoi scritti che meno coincidevano con l'immagine che si voleva dare dei Frati Minori vennero eliminati.
I discorsi di povertà della Chiesa e di pace nel mondo e di tolleranza religiosa sono recenti. Richiamarsi alla chiesa delle origini non ha senso, perché la Chiesa Cattolica non è la chiesa delle origini, la quale oltrettutto era composta da una miriade di chiese diverse, ma qualcosa di nato dopo, con caratteristiche e peculiarità proprie e particolari.
Aggiungo una cosa: si fa gran discutere dei rapporti fra Chiesa Cattolica e regimi totalitari nel Novecento, solitamente condannando la Chiesa per il comportamento tenuto (quale altro comportamento avrebbe dovuto tenere secondo costoro, date le persone che vi erano ai vertici della Chiesa, le situazioni, i luoghi e le mentalità dell'epoca, non saprei), ma si scorda di norma che le chiese luterane tedesche si sono compromesse con il regime di Hitler in modo molto serio, appoggiandolo pienamente e attivamente, cosa che la Chiesa Cattolica non ha mai fatto nè nei confronti del Nazionalsocialismo (fra l'altro, molto inviso in curia), nè del Fascimo, al quale ha impedito di svilupparsi in pieno, poiché due assoluti non possono coesistere.

giovedì 23 dicembre 2010

Il traditore Fini

E così il traditore Fini, constatato che non è riuscito a sostituire il nanastro nel governo dell'Italia, ha pensato bene di far passare la riforma dell'università, forse nel tentativo di rifare amicizia con il Cavaliere. Già quando alla camera la riforma era passata, Fini e il suo partito si erano limitati a bocciare qualche articolo, tanto per far un po' di paura al PdL e alla Lega, senza poi nessun risultato pratico. Adesso, invece, al senato, hanno approvato completamente la riforma, consegnando la formazione delle menti italiane a un branco di idioti, Gelmini in testa, per quanto naturalmente lei non sia che la carne da macello, per così dire, la truppa da prima linea. La Gelmini ha definito "epocale" questa riforma dell'università (nella speranza immagino di essere ricordata in qualche libro di storia), che sostituirà il corrotto e inefficiente sistema del '68 (guarda caso, anche nel '68 si avevano convinzioni simili). Dunque, adesso non si potrà più accedere alla cattedra universitaria se si è imparentati (fino al quarto grado) con un professore; ci si chiede la meritocrazia dove vada a finire, perché, ma probabilmente la Gelmini non se ne è accorta, e quelli che muovono i suoi fili non glielo hanno fatto notare, se uno è bravo, deve poter accedere all'università, anche se ci ha lo zio che ci insegna. Altrimenti, è una descriminazione priva di senso, e non si guarda affatto alla bravura e alla competenza delle persone, ma solo al grado di parentela. I ricercatori potranno avere un contratto a tempo indeterminato solo se saranno efficienti, altrimenti via. Ma quanti avranno voglia di andare a fare i ricercatori con tale prospettiva? E dire che la ricerca è fondamentale per un Paese. Ma questo sappiamo che l'Italia non lo capisce. D'altronde, gran parte di qeulli che sono al governo (Lega) si fanno un vanto di essere ignoranti. E' in buone mani la nostra scuola, eh? Fra l'altro, i loro tanto amati celti non erano affatto dei grezzi ignoranti (come loro tendono a credere, almeno dalle loro affermazioni); tanto per dire, il divenire druido era cosa complicatissima, per via dell'enorme bagaglio culturale necessario.

Il povero UdC, che si è astenuto, poteva astenersi o votare contro, senza alcuna differenza, una volta che Fini si era schierato con il vecchio alleato. Dev'essere frustrante trovarsi impotenti innanzi a una situazione che peggiora sempre più, con una lotta per il potere, senza curarsi veramente di quel che si fa, purché si dimostri di aver mantenuto le promesse.

Si è parlato ancora degli scontri in piazza, definiti vera guerriglia urbana, e dei processi per sette degli arrestati. Ora, io non condanno coloro che hanno manifestato in modo violento; davanti a una situazione in cui non si riesce a farsi ascoltare, in cui davanti alle proteste, alle richieste, si viene ignorati o si ottiene come risposta un "non prendo posizione" (Napolitano), trovo logico che si cerchi di farsi ascoltare tramite la violenza. Ed effettivamente, si viene notati, ma, ahimè, solo per essere condannati e criticati, gettando discredito sulle idee sostenute. E' quindi controproducente. Tuttavia, a parte i pochi violenti in sè che sempre ci sono e amano queste cose, gli altri sono stati spinti a ciò più che altro dal governo sordo, che continua la sua marcia, senza curarsi di cosa travolga e che rovine lasci dietro di sè. Ma prima o poi si trova sempre un ostacolo che non si riesce a superare.
Comunque, al momento, oltre al caos in cui versa sempre la sinistra, è colpa del traditore Fini se la riforma è passata.

martedì 30 novembre 2010

I buoni vecchi tempi della ierocrazia

E così la riforma della Gelmini è passata alla Camera.
La cosa più curiosa è che la Lega sostenga di avere a cuore l'università italiana (o l'istruzione, più in generale), quando ci si stupisce già che i suoi appartenenti sappiano scrivere. D'altronde, sappiamo come (e a che età) il figlio di Bossi abbia completato la sua istruzione, se vogliamo parlare di istruzione. Ma è purtroppo una triste realtà, di cui ho fatto esperienza diretta e personale, che i meno adatti a giudicare qualcosa, per esempio la scuola e l'istruzione italiana, tanto per dire, lo facciano e abbiano potere decisionle in merito, come, sempre per dire, la Lega. La Lega, il vero pericolo per l'Italia, dato che ormai il nano a cavallo sta finendo il suo tempo e se è ancora al governo (ahinoi) lo deve solo al potente alleato leghista. A proposito dell'uomo dalla chioma fluente, ritengo sia meglio lasciar perdere le sue ridicole affermazioni sulla cultura, affermazioni che servono solo a confermare come ormai sia divenuto completamente ridicolo. Ma fare qualche battuta non poteva evitarlo, vizio che ha sempre avuto ("Lei starebbe bene a fare il nazista in un film sull'Olocausto"), e d'altronde deve mantenere la sua immagine europea di pagliaccio e comico, per far ridere i nostri vicini nordici. Ho conosciuto uno scrittore italiano che vive in Germania, a Monaco (chissà perché...) che ha scritto un libro, ancora anni fa, sul nostro presidente, libro che non era certo filoberlusconiano, e che ha avuto un grande successo fra i tedeschi. Per non parlare dell'affermazione di Tremonti, che con la cultura non si mangia. Ignoravo che si fosse fatto comunista, tanto più che la sinistra pare invece difendere la cultura in questo frangente. L'idea, infatti, che prima di tutto all'uomo serva cibo, vestiti e un tetto, e poi viene tutto il resto (compresa la cultura) è di origine socialista.
La scuola italiana sarebbe fra le migliori se avesse i soldi. Eppure questo non pare che entri in certe teste. La Germania, se non erro, da quando è iniziata la crisi, ha radoppiato i finanziamenti per la ricerca. E, caso molto strano, è proprio la Germania quella messa meglio ora. Noi, giustamente, per non copiare quei poveri crucchi, facciamo l'incontrario. Se almeno i soldi rubati in questo modo servissero a qualcosa di veramente utile per tutti...
Per quanto riguarda gli studenti sui tetti (cosa che deve aver fatto molta impressione, dato che tutti lo hanno citato, chi approvando e chi condannando), sarebbe veramente bello che quel che ha affermato la sinistra fosse vero, ovvero che non c'era nessun partito dietro. Purtroppo c'erano, e si sa chi naturalmente, sebbene certamente sarebbe da sciocchi voler sostenere che tutte le manifestazioni, o le manifestazioni nella loro interezza, siano frutto dell'azione di questi partiti.
E' stata comunque una delle poche volte in cui mi sono trovato d'accordo con la sinistra (e naturalmente il Centro). Ma d'altronde, si sa che trovare in Italia un partito che ci rappresenti veramente non è possibile, a parte le masse che si fanno leghiste (stranamente, però, sebbene la Lega abbia ottenuto una quantità di voti, io ho incontrato pochissime persone che affermano di aver votato Lega. Mah...).
Il signor Fini e il suo neo partito dovrebbero farsi un esame di coscienza, dato che è da mesi che continuano a minacciare l'hobbit dai capelli lunghi, a insistere che si dimetta, a far pendere come una spada di Damocle sul povero Cavaliere l'ombra della sfiducia, e nonostante questo, è proprio colpa loro se la riforma è passata alla Camera. Abbiamo capito che Fini vorrebbe semplicemente rimpiazzare il Berlusconi, senza fare nuove elezioni, come d'altronde succede spesso: non si vuole cambiare la forma di governo, ma si vuole semplicemente estromettere la vecchia classe dirigente. Più o meno, la situazione è analoga. Così, però, intanto, la Lega, con la sua appendice del PdL, va avanti a smontare l'Italia, più di quello che già è.
Eh, i buoni vecchi tempi della ierocrazia...

giovedì 7 ottobre 2010

Riforma della Chiesa Cattolica

1-Solo la Chiesa può giudicare se stessa. Nessun altro possa o osi.
2-Sia rintrodotto il Santo Uffizio, con compito di giudicare e condannare, secondo il metodo inquisitorio, ogni membro del clero secolare e regolare, ogni opera e scritto, e ogni dottrina e professione del clero secolare e regolare. Sia esso affidato agli Ordini dei Predicatori, dei Frati Minori e dei Gesuiti.
3-Il Santo Uffizio sia sottoposto a un collegio di cardinali e sia il Santo Pontefice a dominarlo.
4-I sacerdoti diocesani e il clero regolare vivano di una piccola rendita, in proporzione ai numeri di sacerdoti della parrocchia o al numero di regolari del convento o monastero. Per permettere ciò, lo Stato italiano, ladro e usurpatore, restituisca al leggittimo proprietario, la Santa Sede Romana, parte dei beni sottratti, in forma di beni immobili, in particolare nell'area di Roma e del Lazio, territori che in verità appartengono alla Santa Sede.
5-Qualunque bene e proprietà della Santa Sede sia inalienabile e sia immune a ogni autorità, giurisdizione, intromissione degli enti laici.
6-Tutte le chiese, i sagrati e anessi terreni siano di proprietà esclusiva della Santa Sede e non possano essere dall'autorità laica invasi o sequestrati per indagini o altro se non col consenso del vescovo, e possa il vescovo far cessare questo permesso quando più voglia.
7-Ogni membro del clero, secolare o regolare che sia, sia sottoposto alla legge e alla giurisdizione solo della Santa Sede e degli organi da essa preposti a ciò.
8-Così sia in ogni stato Europeo e Americano.
9-Sia messo a morte quel religioso, secolare o regolare che sia, che infranga il celibato, si macchi di crimini contro Dio, fugga con una donna e altre simili azioni, se giudicato colpevole.
10-Sia scomunicato e dannato all'Inferno chiunque abortisca e compia l'aborto. Sia anatema su di loro. Siano messi a morte.
11-Sia scomunicato e dannato all'Inferno chiunque conviva. Sia anatema per loro.
12-Chi non celebra il matrimonio in chiesa secondo il sacro rito della Santa Chiesa Cattolica non sia considerato sposato e dunque sia considerato che convive: sia scomunicato e dannato all'Inferno e sia anatema su di loro.
13-Chi divorzi possa risposarsi solo con il consenso del vescovo. Altrimenti, sia considerato che convive e sia scomunicato e dannato all'Inferno e sia anatema su di loro.
14-Gli Ordini e i movimenti di nuova fondazione, in particolare i Ciellini, la Compagnia delle Opere e i Legionari di Cristo, siano sciolti e mai più si riformino. Non possa esser vescovo, abate, priore, arciprete, o cardinale o monsignore, nè possa essere titolare di una parrocchia chi apparteneva a tali ordini e movimenti.
15-Sia per la Santa Sede di Roma diritto e dovere intervenire in ogni ambito della politica, della ricerca e della vita di ogni Stato Europeo e Americano.
16-Sia imposta come obbligatoria in ogni scuola, pubblica o privata che sia, con almeno due ore a disposizione, l'insegnamento della storia della Chiesa. Sia posta come materia pari a tutte le altre.
17-Sia scomunicato, messo a morte in quanto assassino, e dannato all'Inferno chiunque esegua un desiderio di eutanasia. Sia anatema per loro.
18-Anche il clero secolare sia obbligato a vestire l'abito nero e a esibire la tonsura, tenendo i capelli corti.
18-Sia proibito al clero, secolare o regolare che sia, bere qualsiasi tipo di alcolico, se non durante la Santa Celebrazione, e fumare.

giovedì 30 settembre 2010

Pain

PAIN
Pain, without love
Pain, I can’t get enough
Pain, I like it rough
‘Cause I’d rather feel pain than nothing at all

You’re sick of feeling numb
You’re not the only one
I’ll take you by the hand
And I’ll show you a world that you can understand
This life is filled with hurt
When happiness doesn’t work
Trust me and take my hand
When the lights go out you will understand

Pain, without love
Pain, I can’t get enough
Pain, I like it rough
‘Cause I’d rather feel pain than nothing at all
Pain, without love
Pain, I can’t get enough
Pain, I like it rough
‘Cause I’d rather feel pain than nothing at all

Anger and agony
Are better than misery
Trust me ,I’ve got a plan
When the lights go off you will understand

Pain, without love
Pain, I can’t get enough
Pain, I like it rough
‘Cause I’d rather feel pain than nothing at all
Pain, without love
Pain, I can’t get enough
Pain, I like it rough
‘Cause I’d rather feel pain than nothing
Rather feel pain

I know (I know I know I know I know)
That you’re wounded
You know (You know you know you know you know)
That I’m here to save you
You know (You know you know you know you know)
I’m always here for you
I know (I know I know I know I know)
That you’ll thank me later

Pain, without love
Pain, can’t get enough
Pain, I like it rough
‘Cause I’d rather feel pain than nothing at all
Pain, without love
Pain, I can’t get enough
Pain, I like it rough
‘Cause I’d rather feel pain than nothing at all
Pain, without love
Pain, I can’t get enough
Pain, I like it rough
‘Cause I’d rather feel pain than nothing at all
Rather feel pain than nothing at all
Rather feel pain


Dolore

Dolore,senza amore
Dolore,non mi basta mai
Dolore,mi piace brutale
Perchè preferisco sentire il dolore piuttosto che niente

Sei stufo di sentirti insensibile
Non sei l’unico
Ti prenderò per mano
E ti mostrerò un mondo che tu possa capire
Questa vita è piena di dolore
Quando la felicità non funziona
Fidati di me e prendi la mia mano
Quando le luci si spegneranno capirai

Dolore,senza amore
Dolore,non mi basta mai
Dolore,mi piace brutale
Perchè preferisco sentire il dolore piuttosto che niente
Dolore,senza amore
Dolore,non mi basta mai
Dolore,mi piace brutale
Perchè preferisco sentire il dolore piuttosto che niente

Rabbia e agonia
Sono meglio della miseria
Fidati di me, ho un piano
Quando le luci non funzioneranno più capirai

Dolore,senza amore
Dolore,non mi basta mai
Dolore,mi piace brutale
Perchè preferisco sentire il dolore piuttosto che niente
Dolore,senza amore
Dolore,non mi basta mai
Dolore,mi piace brutale
Perchè preferisco sentire il dolore piuttosto che niente
Preferisco sentire il dolore

Lo so (lo so lo so lo so lo so)
Che sei ferito
Tu lo sai(lo sai lo sai lo sai lo sai)
Che sono qui per salvarti
Lo sai(lo sai lo sai lo sai lo sai lo sai)
Io sono sempre qui per te
Lo so(lo so lo so lo so lo so)
Che mi ringrazierai più tardi

Dolore,non mi basta mai
Dolore,mi piace brutale
Perchè preferisco sentire il dolore piuttosto che niente
Dolore,senza amore
Dolore,non mi basta mai
Dolore,mi piace brutale
Perchè preferisco sentire il dolore piuttosto che niente
Dolore,senza amore
Dolore,non mi basta mai
Dolore,mi piace brutale
Perchè preferisco sentire il dolore piuttosto che niente
Preferisco sentire il dolore piuttosto che niente
Preferisco sentire il dolore.
                                                                   Three Days Grace
PS Non garantisco sulla traduzione, non l’ho fatta io (per fortuna).
La canzone è stata scritta dal cantante mentre era ricoverato in un centro di recupero.
(23 Settemnre 2010)

La Potenza del Tu

Nei paesi caldi il sole sì che brucia davvero! La gente diventa bruna come il mogano, e nei paesi caldissimi brucia fino a diventare nera, ma un uomo istruito era giunto dai paesi freddi solo fino ai paesi caldi e credeva di potersene andare in giro come faceva a casa, ma cambiò presto opinione. Sia lui che tutta la gente ragionevole rimasero chiusi in casa, le persiane delle finestre e le porte restarono sbarrate tutto il giorno, sembrava che tutta la casa dormisse e che non ci fosse nessuno. Le strette strade con le case alte, dove lui stesso viveva, erano state costruite in modo tale che il sole dovesse risplendere dal mattino fino alla sera; era proprio insopportabile! Quell’uomo istruito dei paesi freddi era un giovane intelligente, ma gli sembrava di star seduto in un forno ardente; il sole lo consumò, lui divenne molto magro, persino la sua ombra dimagrì, divenne molto più piccola di quando era a casa; il sole aveva colpito anche lei. Tutti e due incominciavano a vivere di sera, quando il sole era tramontato.
Era proprio un divertimento guardarli; non appena la lampada veniva portata nella stanza, l’ombra si allungava tutta sulla parete, arrivava sino al soffitto, tanto si faceva lunga; doveva stirarsi per recuperare le forze. L’uomo istruito usciva sul balcone per stirarsi un po’, e man mano che le stelle comparivano in quell’aria trasparente e meravigliosa, a lui sembrava di rivivere. Su tutti i balconi della strada – e nei paesi caldi ogni finestra ha un balcone – usciva la gente, perché ha bisogno di prendere aria anche chi è abituato a essere color mogano. Allora cominciava la vita, sui balconi e giù nelle strade; calzolai e sarti, tutta la gente usciva per strada, portavano tavoli e sedie, e le lanterne bruciavano, sì, più di cento lanterne bruciavano, e uno parlava e l’altro cantava, la gente passeggiava, le carrozze passavano, e pure gli asini, cling, cling! avevano dei sonagli. I morti venivano seppelliti al canto dei salmi, i ragazzi di strada facevano scoppiare i petardi, e le campane delle chiese suonavano, sì, c’era proprio vita giù nella strada. Solo in una casa, che si trovava proprio di fronte a quella in cui viveva quello straniero istruito, c’era una pace incredibile, eppure ci abitava qualcuno, perché sul balcone c’erano dei fiori, che crescevano deliziosamente al caldo del sole, e non avrebbero potuto crescere se non fossero stati bagnati, quindi qualcuno doveva innaffiarli; doveva proprio esserci qualcuno. Anche quel balcone si apriva di sera, ma era tutto buio dentro, per lo meno nella prima stanza; e dal profondo delle stanze sul retro si sentiva venire una musica. Allo straniero istruito sembrava straordinaria, ma poteva anche essere che avesse immaginato tutto, dato che lui trovava ogni cosa straordinaria, là in quei paesi caldi, se solo non ci fosse stato quel sole! Il padrone di casa dello straniero disse che non sapeva chi avesse affittato la casa dirimpetto, non si vedeva nessuno, e per quanto riguardava la musica pensava che fosse molto noiosa. «E come se qualcuno si stesse esercitando a un pezzo che non riesce a finire, sempre lo stesso pezzo. Penserà certo di farcela prima o poi, ma non ci riuscirà mai, per quanto a lungo suoni.»
Una notte lo straniero si svegliò; dormiva con la porta del balcone aperta, e la tenda davanti alla porta si sollevava per il vento, così gli sembrò di vedere uno straordinario bagliore provenire dal balcone di fronte, tutti i fiori brillavano come fiamme dei colori più svariati, e in mezzo a quei fiori si trovava un’esile, graziosa fanciulla: sembrava che anche lei brillasse; la luce gli fece male agli occhi, ma è vero che li teneva spalancati e che si era appena svegliato; con un balzo fu in piedi pian piano arrivò fino alla tenda, ma la fanciulla era già sparita, anche il bagliore era sparito, i fiori non brillavano affatto, e tutto era come al solito; la porta era socchiusa e dal profondo della casa risuonava una musica così dolce, così meravigliosa che ci si poteva abbandonare alle più dolci fantasticherie. Sembrava una magia, chi abitava lì? Dov’era in realtà l’ingresso? Tutto il pianterreno era fatto di negozi e la gente non poteva certo entrare di là.
Una sera lo straniero era seduto sul balcone; alle sue spalle nella stanza brillava la luce e quindi era del tutto naturale che la sua ombra si posasse sulla parete della casa di fronte, anzi si trovava proprio tra i fiori di quel balcone, e quando lo straniero si mosse, anche l’ombra si mosse, perché di solito succede così.
«Credo che la mia ombra sia l’unica persona vivente che si vede laggiù!» disse quell’uomo istruito. «Guarda come sta seduta con garbo tra i fiori, la porta è socchiusa; adesso l’ombra dovrebbe essere tanto accorta da entrare, guardarsi intorno, e poi tornare a raccontarmi quello che ha visto. E già, dovresti farmi questo piacere!» disse scherzando. «Su, da brava, entra! Su, vai?» e intanto fece cenno all’ombra e l’ombra gli rivolse lo stesso cenno. «Sì, sì, vai, ma poi torna!» Lo straniero si alzò e anche la sua ombra sul balcone di fronte si alzò, lo straniero si voltò e l’ombra si voltò, ma se qualcuno avesse fatto attenzione, avrebbe visto molto chiaramente che l’ombra entrò in quella porta socchiusa di quel balcone di fronte, proprio nel momento in cui lo straniero rientrò nella sua stanza e lasciò cadere la tenda dietro di sé.
Il mattino successivo quell’uomo istruito uscì per bere il caffè e leggere il giornale. «Che succede?» esclamò, quando fu al sole «non ho l’ombra. Allora ieri sera se n’è proprio andata e non è ritornata più; che rabbia!»
La cosa lo irritò, ma non tanto perché l’ombra se n’era andata, quanto perché sapeva che c’era già la storia di un uomo senza ombra, e la conoscevano tutti a casa, là nei paesi freddi, e se ora lui fosse arrivato a raccontarla, avrebbero detto che l’aveva copiata, e di questo proprio non aveva bisogno! Per questo non volle parlare affatto della cosa, e fu una buona idea.
Di sera uscì di nuovo sul balcone, aveva messo la luce proprio per bene dietro di sé, perché sapeva che l’ombra vuole avere sempre il proprio padrone come schermo davanti alla luce, ma non riuscì a catturarla, si fece piccolo piccolo, si fece grosso, ma l’ombra non c’era, non venne nessuno; disse uhm, uhm! ma non servì a nulla. Era una seccatura, ma nei paesi caldi tutto cresce così in fretta, e dopo otto giorni notò, con grande gioia, che gli stava crescendo una nuova ombra dalle gambe, quando arrivava il sole; si vede che le radici erano rimaste. Dopo tre settimane aveva un’ombra sufficiente, che, quando lui tornò a casa nel suo paese al Nord, crebbe ancora di più durante il viaggio, tanto che alla fine fu così lunga e così grande che la metà sarebbe bastata.
L’uomo istruito ritornò a casa e scrisse libri su quello che c’era di vero nel mondo, e su quello che c’era di buono e di bello, e passarono giorni e passarono anni, molti anni.
Una sera era seduto nella sua stanza quando bussarono debolmente alla porta.
«Avanti!» disse, ma non entrò nessuno. Allora aprì la porta e si trovò davanti un uomo straordinariamente magro, tanto che ne rimase colpito. D’altra parte quell’uomo era vestito molto elegantemente, quindi doveva essere una persona importante.
«Con chi ho l’onore di parlare?» chiese l’uomo istruito.
«E già, l’immaginavo» disse l’uomo elegante «che lei non mi avrebbe riconosciuto! Adesso ho proprio un corpo, ho ricevuto la carne e i vestiti. Lei non avrebbe certo mai pensato di vedermi in queste ottime condizioni. Non riconosce dunque la sua vecchia ombra? Certo non credeva che sarei tornato indietro. Mi è andata molto bene dall’ultima volta che ero presso di lei, mi sono arricchito in tutti i sensi. Se devo riscattarmi la libertà, lo posso fare!» E intanto agitò una gran quantità di ciondoli preziosi che pendevano dall’orologio, mise poi la mano su una pesante collana d’oro che portava intorno al collo, oh, tutte le dita brillavano di anelli e di diamanti! E niente era falso.
«Non riesco a rendermi conto!» esclamò l’uomo istruito. «Che cosa significa?»
«Certo non è una cosa comune» rispose l’ombra «ma lei stesso non è un uomo comune, e io, lo sa bene, fin da piccolo ho seguito i suoi passi. Non appena lei pensò che io fossi maturo per andarmene da solo per il mondo, andai per la mia strada; ora la mia posizione è delle più brillanti ma ho provato una specie di nostalgia e di desiderio di vederla prima che muoia, perché lei dovrà pur morire! Inoltre volevo anche rivedere questi paesi: si ama sempre la propria patria. Mi risulta che lei abbia una nuova ombra: devo pagare qualcosa per lei o per quella? Basta che lo dica.»
«No, sei proprio tu?» disse l’uomo istruito «è davvero straordinario! Non avrei mai creduto che la propria vecchia ombra potesse tornare, e tornare come uomo!»
«Mi dica cosa devo pagarle» ripetè l’ombra «perché non mi piace essere in debito.»
«Ma come puoi parlare così?» disse l’uomo istruito. «Di che debito parli? sei libero come chiunque! Mi rallegro moltissimo per la tua fortuna! Siediti vecchio amico, e raccontami un po’ come ti è andata, e che cosa hai visto là di fronte, nella casa dei vicini, nei paesi caldi.»
«Sì, glielo racconterò» rispose l’ombra, e sedette «ma lei mi deve promettere che non dirà mai in città, ovunque mi incontri, che sono stato la sua ombra. Ho intenzione di fidanzarmi; posso mantenere anche più di una famiglia con i miei mezzi.»
«Sta’ tranquillo» disse l’uomo istruito «non dirò a nessuno chi sei in realtà. Eccoti la mia mano, te lo prometto: parola di gentiluomo!»
«Parola di ombra!» disse l’ombra, e che altro poteva dire?
In realtà era proprio straordinario quanto fosse uomo, era vestito tutto di nero e con abiti finissimi, con gli stivaletti lucidi e un cappello che si poteva schiacciare in modo che si appiattisse, per non parlare di quello che già sappiamo, i ciondoli, la collana d’oro, gli anelli di diamanti; era veramente ben vestita, ed era questo che la rendeva uguale a un uomo.
«Ora racconterò» disse l’ombra, e intanto mise più forte che potè i piedi dagli stivaletti lucidi sul braccio della nuova ombra di quell’uomo istruito, che se ne stava come un barboncino ai piedi del padrone; e lo fece forse per superbia, o forse per provare a attaccarla a sé, ma quell’ombra che giaceva a terra se ne rimase tranquilla a ascoltare: voleva sapere come si faceva a diventare liberi e a raggiungere il livello del proprio padrone.
«Lei sa chi abitava nella casa dei vicini?» chiese l’ombra «era la cosa più bella di tutti: la poesia! Io rimasi li per tre settimane e fu come se avessi vissuto tremila anni e avessi letto tutto quello che è stato scritto, in prosa e in versi. Glielo dico io, può credermi: ho visto tutto e so tutto!»
«La poesia!» esclamò l’uomo istruito. «Sì, sì, lei spesso fa l’eremita nelle grandi città. La poesia! L’ho vista soltanto per un brevissimo attimo, ma il sonno mi annebbiava ancora gli occhi. Era sul balcone e brillava come l’aurora boreale! Racconta, racconta, tu eri sul balcone, sei entrato dalla porta, e poi?»
«Poi mi trovai nell’anticamera» disse l’ombra «mentre lei è rimasto seduto a guardare verso l’anticamera. Non c’era per niente luce, c’era una specie di penombra ma le porte di una lunga infilata di sale erano tutte aperte; e lì sì c’era luce: io ne sarei stato fulminato se fossi arrivato fino in fondo, fino alla fanciulla; ma rimasi indietro, presi tempo, è così che si deve fare!»
«E che cosa hai visto poi?» chiese l’uomo istruito.
«Ho visto tutto e glielo racconterò; ma, e non è certo per superbia, libero come sono e con tutte le mie conoscenze, senza parlare della mia posizione e delle mie straordinarie possibilità, desidererei che lei mi desse del lei.»
«Mi scusi!» rispose l’uomo istruito. «È una vecchia abitudine, che non si perde. Lei ha pienamente ragione, e io dovrò ricordarlo. Ma ora mi racconti tutto quello che ha visto.»
«Tutto!» disse l’ombra «perché io ho visto tutto e so tutto.»
«Com’erano le sale più interne?» chiese l’uomo istruito «Era come stare nella frescura di un bosco? era come in una chiesa? Erano sale che assomigliavano al cielo pieno di stelle, quando ci si trova in cima alle montagne?»
«Là c’era tutto!» rispose l’ombra. «E poi io non entrai interamente, rimasi nelle prime stanze, nella penombra, ma anche lì si stava molto bene, e da lì ho visto tutto e ora so tutto! Sono stato alla corte della poesia, nell’anticamera.»
«Ma che cosa ha visto? Per le sale passeggiavano tutte le divinità dei tempi passati? lottavano i vecchi eroi? giocavano bambinetti raccontando i loro sogni?»
«Le dico che ero lì e lei capirà che ho visto tutto quello che c’era da vedere! Se fosse passato lei dall’altra parte della strada non sarebbe diventato un uomo, ma io lo divenni. E contemporaneamente imparai a conoscere la mia natura più intima, la mia essenza, la parentela che avevo con la poesia. Quando ero con lei, non ci pensavo mai, ma lei lo sa bene, quando il sole si alzava e quando tramontava io diventavo terribilmente grande, mentre al chiaro di luna ero quasi più chiaro di lei; allora io non capivo la mia natura, ma nell’anticamera la compresi! Diventai uomo, uscii maturo di là, ma lei non era più in quei paesi caldi, io mi vergognavo come uomo a andare in giro come mi trovavo, avevo bisogno di stivali, di vestiti, di tutta quella vernice che rende riconoscibile un uomo. Allora mi misi, a lei lo posso dire tanto non lo scriverà in nessun libro, sotto la gonna di una vecchia che vendeva le torte per la strada. Mi nascosi là sotto, la donna non sapeva affatto che cosa nascondeva; solo di sera uscii, girai per la strada sotto il chiaro di luna, mi allungai su per i muri, il che fa un delizioso solletico sulla schiena. Corsi su e giù, guardai dentro le finestre più alte, quelle delle sale e dei tetti, guardai dove nessuno era capace di guardare e vidi quello che nessun altro vedeva, quello che nessuno doveva vedere! In fondo è un mondo infimo! Io non avrei voluto diventare uomo, se non fosse stabilito che è una cosa importante! Vidi azioni terribili, compiute da donne, da uomini, dai genitori, e perfino da quei deliziosi bambini; vidi» continuò l’ombra «quello che nessuno deve vedere, ma che tutti sarebbero tanto felici di vedere: il male del vicino. Se avessi pubblicato un giornale, quello sì sarebbe stato letto! Ma io scrissi alle persone direttamente, e seminai il terrore in tutte le città in cui arrivavo. Tutti ebbero paura di me! E allora sì che mi volevano bene! I professori mi fecero professore, i sarti mi diedero abiti nuovi, e così sono ben provvisto, il capo della zecca coniò monete nuove per me e le donne dissero che ero così bello! Così diventai l’uomo che ora sono. E ora la saluto, ecco il mio biglietto da visita: abito dalla parte del sole e sono sempre in casa quando piove.» E così l’ombra se ne andò.
"È proprio strano!" si disse l’uomo istruito.
Passarono giorni, e anni, poi l’ombra ritornò.
«Come va?» chiese.
«Ah!» rispose l’uomo istruito «scrivo parlando del vero, del bello e del buono, ma a nessuno interessa sentire cose simili: sono proprio disperato, perché me la prendo tanto a cuore!»
«Ma io no!» disse l’ombra. «Io ingrasso, e questo bisogna cercare di fare! Lei non sa vivere in questo mondo, e le andrà male per questo. Dovrebbe viaggiare; io farò un viaggio quest’estate, vuol venire anche lei? Mi piacerebbe avere un compagno di viaggio. Vuole viaggiare come me, come ombra? Sarebbe un gran piacere averla con me, pago io il viaggio.»
«Questo è davvero troppo!» rispose l’uomo istruito.
«Dipende da come si prendono le cose» rispose l’ombra. «Le farebbe proprio bene viaggiare. Se vuole essere la mia ombra, non dovrà pagare niente per il viaggio.»
«È da pazzi!» esclamo l’uomo istruito.
«Ma così va il mondo» disse l’ombra «e così resterà!» e se ne andò.
L’uomo istruito non se la passava affatto bene, dolori e fastidi lo perseguitavano, e quello che lui raccontava sulla verità, sul bene e sulla bellezza faceva alla maggior parte della gente l’effetto che potrebbero fare le rose a una mucca. Alla fine si era ammalato.
«Si sta riducendo come un’ombra!» gli diceva la gente, e questo faceva molta paura a quell’uomo istruito.
«Dovrebbe andare in una località termale» gli disse l’ombra che era andata a trovarlo «non c’è altro da fare! La porterò con me, in grazia della nostra vecchia amicizia; io pagherò il viaggio e lei ne farà una descrizione, così il viaggio sarà divertente. Voglio giusto andare a curarmi in una località termale: la mia barba non cresce come dovrebbe, anche questa è una malattia la barba bisognerebbe averla! Sia ragionevole, accetti la mia proposta, viaggeremo come compagni di viaggio.»
Così viaggiarono; l’ombra era il padrone e il padrone faceva da ombra; andarono insieme in carrozza, cavalcarono insieme, camminarono insieme, uno a fianco all’altro, uno davanti e uno dietro, a seconda della posizione del sole. L’ombra badava sempre a mettersi dalla parte del padrone; ma l’uomo istruito non pensava a queste cose: aveva buon cuore e era mite e gentile, così un giorno disse all’ombra: «Dato che siamo diventati compagni di viaggio, e che siamo cresciuti insieme dall’infanzia, potremmo anche darci del tu, sarebbe molto meglio!».
«Bene» disse l’ombra che ora era il vero padrone. «Lei ha parlato con grande benevolenza e schiettezza, e io vorrei fare altrettanto. Lei, da uomo istruito, sa certamente come è strana la natura. Certe persone non sopportano di toccare la carta grigia da pacco, e stanno male, altri hanno i brividi in tutto il corpo quando una punta striscia contro un vetro; io provo una strana sensazione quando lei mi dà del tu, mi sento come schiacciato a terra nella mia posizione di prima. Come vede è una sensazione, non è superbia; così io non posso permetterle di darmi del tu, ma se vuole posso senz’altro dare del tu a lei, e qualcosa avremo ottenuto lo stesso.»
E così l’ombra diede del tu al suo precedente padrone.
"Certo che è da matti!" pensò lui "che io debba dargli del lei e che lui mi dia del tu!" Ma ormai non c’era niente da fare.
Così giunsero alla località termale, dove c’erano molti stranieri e tra questi una graziosa figlia di re, che aveva la malattia di vedere fin troppo bene, il che era molto preoccupante.
Immediatamente notò che il nuovo arrivato era una persona ben diversa dalle altre. «È qui per far crescere la barba, si dice ma io vedo la causa vera: non può fare ombra!»
Diventò molto curiosa e durante la passeggiata si mise subito a parlare con quello straniero. Come figlia di re non aveva certo bisogno di fare tanti complimenti; così disse: «La sua malattia è che non sa fare ombra.»
«Sua Altezza Reale sta sicuramente guarendo» rispose l’ombra «io so che la sua malattia è di vedere fin troppo bene, ma ora non ce l’ha più perché io in realtà ho una meravigliosa ombra! Non vede quel tipo che viene sempre con me? L’altra gente ha un’ombra normale, ma a me non piace quello che è troppo comune. Diamo ai nostri servitori abiti più eleganti di quelli che usiamo per noi, e così io ho permesso alla mia ombra di vestirsi da uomo. Vede bene che gli ho perfino dato un’ombra. È molto costoso, ma a me piace avere qualcosa di speciale.»
"Come! come?" pensò la principessa "allora sarei proprio guarita? Questa località è la migliore che esista! L’acqua poi ai nostri giorni ha capacità meravigliose, ma io non me ne vado perché adesso viene il bello; lo straniero mi piace moltissimo. Purché la barba non gli cresca, perché altrimenti partirà."
Di sera nella grande sala da ballo la figlia del re ballò con l’ombra. Lei era leggera, ma lui era ancora più leggero, un ballerino simile lei non l’aveva mai avuto. Gli disse da quale paese proveniva e lui conosceva quel paese, c’era stato, ma quando lei non c’era; aveva guardato in tutte le finestre, in alto e in basso, aveva visto il tale e il tal altro, e così poteva rispondere alla figlia del re e fare allusioni di cui lei rimase molto meravigliata: doveva essere proprio l’uomo più saggio della terra! Provò un tale rispetto per quello che lui sapeva, che quando danzarono di nuovo s’innamorò di lui, e l’ombra se ne accorse perché lei continuava a guardarlo fìsso. Così ballarono ancora e lei stava per dirglielo, ma poi si trattenne: pensò al suo paese e al regno e a tutte le persone su cui avrebbe dovuto governare.
"È certo un uomo saggio" disse tra sé "e va bene! danza magnificamente, e anche questo va bene, ma chissà se ha una buona cultura? Anche questo è importante, dovrò esaminarlo." E così cominciò a fargli domande sulle cose più difficili, su cui lei stessa non sapeva rispondere; e l’ombra fece una strana faccia.
«Ah, non sa rispondere!» disse la figlia del re.
«Ma se questo l’ho imparato da bambino!» rispose l’ombra «credo addirittura che persino la mia ombra, laggiù alla porta, saprebbe rispondere!»
«La sua ombra?» esclamò la figlia del re «questo sì sarebbe strano!»
«Non sono proprio sicuro che lo sappia» aggiunse l’ombra «ma credo di sì; ormai mi ha seguito dappertutto per tanti anni e mi ha ascoltato, quindi dovrebbe saperlo. Ma Sua Altezza Reale mi permetta di dirle che quella ha una tale superbia, a forza di andarsene in giro vestita come un uomo, che per farla stare di buon umore – il che è necessario perché risponda bene – bisogna trattarla come un uomo.»
«Mi piace l’idea!» disse la figlia del re. Così andò da quell’uomo istruito vicino alla porta e parlò con lui del sole e della luna, e degli uomini, visti da fuori e visti da dentro, e lui rispose proprio in modo intelligente.
"Che uomo deve essere, se ha un’ombra così saggia!" pensò lei "sarebbe proprio una benedizione per il mio popolo e per il regno se io scegliessi lui come mio sposo, e lo farò!"
Subito si accordarono, sia la figlia del re che l’ombra, ma nessuno doveva saperne nulla finché lei non fosse tornata nel suo regno.
«Nessuno, neppure l’ombra!» disse l’ombra.
E aveva le sue buone ragioni per dirlo!
Così arrivarono nel paese dove la figlia del re regnava quando era a casa.
«Ascolta, mio caro amico» disse l’ombra all’uomo istruito «ora io sono proprio felice e molto importante, e voglio fare qualcosa di speciale per te: abiterai sempre con me al castello, viaggerai nella mia carrozza reale, e avrai centomila talleri d’oro all’anno, però devi lasciarti chiamare ombra da tutti, non devi dire che una volta sei stato uomo, e una volta all’anno, quando uscirò sul balcone al sole per farmi vedere, dovrai giacere ai miei piedi come una vera ombra. Ora te lo posso dire: sposerò la figlia del re! Questa sera avranno luogo le nozze.»
«No, questo è troppo!» disse l’uomo istruito «non voglio, non posso farlo; significa ingannare tutto il paese, perfino la figlia del re; io dirò tutto, dirò che sono un uomo e che tu sei l’ombra, e che sei solo travestito.»
«Nessuno ti crederà» disse l’ombra «sii ragionevole, altrimenti chiamerò le guardie!»
«Vado subito dalla figlia del re!» disse l’uomo istruito. «No, ci vado prima io» disse l’ombra «e tu sarai arrestato!»
E così fu, perché le guardie obbedirono a quello che conoscevano come il futuro sposo della figlia del re.
«Tu stai tremando!» disse la figlia del re quando l’ombra entrò da lei «è successo qualcosa? Non devi ammalarti proprio stasera, che dobbiamo sposarci!»
«Ho vissuto la più brutta esperienza che possa succedere!» esclamò l’ombra. «È proprio vero che un povero cervello di ombra non può resistere a lungo. Pensa, la mia ombra è impazzita, crede di essere l’uomo e che io, prova a immaginarti, che io sia la sua ombra!»
«È terribile!» disse la principessa «è stato rinchiuso?»
«Sì, ma ho paura che non si riprenderà più.»
«Povera ombra!» sospirò la principessa «sarà molto infelice; credo sarebbe una buona cosa se gli togliessimo quella poca vita che ha, e pensandoci bene, penso sia proprio necessario farlo in tutta tranquillità.»
«È dura, però!» disse l’ombra «perché era un servitore fedele» e si mise a sospirare.
«Che carattere nobile!» esclamò la figlia del re.
Quella sera tutta la città era illuminata; i cannoni spararono: bum!, i soldati presentarono le armi; che matrimonio! La figlia del re e l’ombra salirono sul balcone per farsi vedere e per avere un altro Hurrà!
L’uomo istruito non sentì nulla, perché gli avevano già tolto la vita.
 
Fiaba di Hans Christian Andersen
 
 
 
E’ una fiaba terribile! Agghiacciante! Desta arcane e nascoste paure dell’animo umano, il terrore forse maggiore che ognuno porta in sè. E mostra l’incredibile potere del "Tu". Alla luce di questa fiaba, non è strano che si tenda a dare del "tu" agli immigrati, agli stranieri e ai giovani. Passo davvero immenso è quando un adulto inizia a dare del "lei" a un giovane. Il "tu" dovrebbe esser concesso solo agli amici e ai parenti più stretti e fidati, quelli realmente tali, poiché il "Tu" ha il potere di far sì che un essere sia veramente un uomo o solo un’ombra.
 
Consiglio agli interessati di confrontare questa fiaba con il libro "Il Mago" di Ursula K. Le Guin, Mondadori.
 
Mi scuso per come questa fiaba non sia scritta in un italiano atto. Io l’ho letta su un vecchio libro di fiabe di  Andersen datomi da una strega per cinque monete, e lì era davvero la lingua di una fiaba.
 
 
(22 Settembre 2010)

Razzismo di Facciata

La tomba di un ragazzo di origine rumena, ucciso da due connazionali perché si era rifiutato di dar loro una sigaretta, è stata trovata bruciata. All’albero sotto al quale è morto si trovano invece vari biglietti con messaggi razziali firmati da un gruppo, sempre che sia un gruppo, che si fa chiamare "Italianisti". C’è grande dolore e scandalo per questo razzismo contro un morto e ogni giorno molte persone si soffermano sotto all’albero e protestano contro questi biglietti. Una ragazza intervistata ha detto che se il ragazzo ucciso fosse stato italiano la cosa sarebbe stata ben diversa. Il razzismo, infatti, non sarebbe stato tirato in causa.
Consideriamo come scontato che quei messaggi degli "Italianisti" sono riprovevoli, di pessimo gusto e denotano la probabile ignoranza e chiusura mentale degli artefici, tanto per utilizzare dei luoghi comuni anche a questo proposito. Consideriamo pure questo come acquisito, un dato di fatto. Quel che dovrebbe far riflettere è come ogni qual volta salti fuori la parola "razzismo" ci sia un coro di proteste, ci sia sdegno e scandalo e sembra che i delitti compiuti con questa, si potrebbe dire, aggravante, siano più terribili e gravi di altri. Ora, fratelli, mi sembra che il razzismo venga combattuto solo in questi casi, cioè quando diviene cronaca, tutta l’Italia, o la Terra, ne viene a conoscenza ed è quasi doveroso mostrarsi sconvolti e allucinati che perfino nel 2010, ben sessanta anni dopo Hitler, esista ancora il razzismo! In sessanta anni si sperava che fosse stato debellato, no? Ma lasciamo stare la faccenda, altrimenti andiamo lontano. Il problema è che è solo all’apparenza che il razzismo viene condannato e combattuto, ma che alla fin fine, tutti siamo, più o meno, razzisti. Anche solo il dare del "tu" a una persona di colore non conosciuta o adulta è un atto di razzismo. In altri termini, è in buona parte ipocrita scandalizzarsi tanto per questo episodio e molto meno per la morte di un italiano. Poiché anche questo è un atto di razzismo, se vogliamo. Si sventola la bandiera degli antirazzisti solo quando comoda, ma la si ritrae appena nessuno più ci guarda. Di facciata quasi tutta l’Italia abbore il razzismo, ma quanti per davvero sono contrari? O anche, quanti veramente non lo sono, sebbene credano di non esserlo? Se ascoltassimo i telegiornali e leggessimo i giornali, sembrerebbe che tutto il popolo italiano sia contro il razzismo, ed è questa l’idea che si vuol far passare. Non credeteci. In un modo o nell’altro, l’umanità è sempre stata razzista.
 
 
(9 Settembre 2010)

Chiarimenti su questo blog

Sia chiaro, fratelli, che io scrivo qui non per convincere altri, nè tanto meno per obbligare altri ad accettare quel che io dico (e non si confonda quel che dico con quel che penso). Scrivo solo per presentare il mio punto di vista e, o, per dare qualche spunto su cui pensare e qualche prospettiva diversa.
Se leggo in giro qualcosa che mi spinge a scrivere qui, qui scrivo.
Non è mia intenzione provocare discussioni e dibattiti, nè sminuire scritti o intenti altrui, o ostacolarli.
A chi non va bene, non legga;
a chi non piace, non legga;
a chi è offeso, non legga.
 
 
(5 Settembre 2010)

Creazionismo Scientifico

Ora, che si possa comprendere tutto quanto avvenuto dal Big Bang fino ad oggi grazie meramente alle spiegazioni scientifiche, è insensato. Che grazie alle spiegazioni scientifiche si possa capire parte dei processi materiali che hanno portato ad oggi è tesi già più sensata ma non meno errata.
Sia chiaro, fratelli, io nego ogni validità e ogni verità alla scienza. Ma poniamo che ne abbia almeno in parte.
Dunque, la scienza stessa ammette, o perlomeno, parte degli scienziati (è curioso notare che perfino gli scienziati hanno idee diverse su uno stesso argomento, in modo non dissimile dai filosofi, sebbene la scienza dovrebbe possede una stessa verità e, secondo alcuni, la Verità); secondo alcuni, dicevo, le probabilità che si formino tutte le innumerevoli condizioni atte alla vita nei modi e nei tempi appropriati e che poi questa vita arrivi a formare un essere dalla complessità dell’uomo, il tutto seguendo il mero capriccio del caso, sono praticamente inesistenti. Se si ammette però un Essere superiore che ha guidato il caso, allora il quadro acquista un senso maggiore, a mio giudizio. Si badi bene: non predestinare, ma porre il fine. Se l’Essere decreta che si debba giungere all’uomo, all’uomo si giungerà, ma le vie per arrivarci sono lasciete al caso e anche i tempi e i luoghi. Che poi l’Essere, in quanto necessariamente onniscente, sappia già per filo e per segno che cosa accadrà, non è rilevante per il nostro discorso, poiché l’Essere è fuori dal tempo, dove non c’è passato, presente e futuro, mentre il nostro universo è, in un modo o nell’altro, nel tempo, dove con tempo si intende ciò che ha un inizio e una fine. Ha innanzi a Lui l’inizio e la fine contemporaneamente e per Lui non è il prima o il dopo, la causa e l’effetto, che è per il mondo materiale, e allo stesso tempo però comprende tutto ciò e può mettersi in una tale ottica.
E’ posto l’obbiettivo, l’uomo, ma non i modi per raggiungerlo, lasciati al caso.
 
La scienza è risalita fino al Big Bang. E prima? Forse che l’energia che era presente prima dell”"esplosione" era da sempre? Magari prima c’era un altro universo, che, giunto alla massima espansione, è collassato su se stesso (come una teoria sostiene che accadrà al nostro) tornando a formare l’insieme di energia originario. Sarebbe un processo ciclico. Ma ciò non risolve il dilemma: quella energia da dove proviene? Si potrebbe identificare Dio in quell’energia originaria, che poi ha creato tutto il resto. Ma non sarebbe poi molto diverso dal considerare Ra il Dio.
Se la scienza può da sola, senza riccorrere a un Dio, spiegare tutto quel che è accaduto dal Big Bang ad ora (cosa che reputo impossibile e insensata da sostenere), rimane il fatto, fratelli, che non spiega l’energia originaria da dove venisse. E’ necessario ammettere il Dio creatore di quell’energia, usando un linguaggio semplice, come ho fatto finora. 
Questo è il Creazionismo Scientifico. Nell’ipotesi che la scienza abbia un senso e una verità.
 
 
(5 Settembre 2010)

Qualche osservazione sui preti d'oggi

Il grande problema della Chiesa di Roma è che la grande maggioranza dei suoi ecclesiastici appartengono prima allo Stato ospite e solo dopo alla Chiesa. Un prete a cui è affidata una diocesi a, poniamo, Milano, è un appartenente alla Chiesa prima di tutto. Solo in seconda istanza è anche un cittadino italiano, del comune di Milano, se proprio si vuole. E ciò vale per qualunque ecclesiastico in qualunque parte del mondo. Pertanto, il prete deve rendere conto unicamente alla Chiesa, non ai politici dello Stato ospite, dai quali non deve dipendere in alcuna maniera.
Come per la filosofia, e per certi aspetti anche per l’Arte, anche per la Chiesa è stato il Novecento a produrre i risultati peggiori. In fondo, la si può anche capire. Attaccata su più fronti, persi gran parte dei privilegi e delle proprietà che da secoli aveva, trovatasi in un mondo in veloce cambiamento che all’improvviso sembrava aver perso Dio, non ci si può stupire più di tanto se era ansiosa di accogliere dentro di sè i vari movimenti in teoria ecclesiali e i nuovi ordini religiosi che stavano sorgendo, dopo una resistenza e una critica alla fin fine inifluenti. Aveva bisogno di organizzazzioni che tirassero dentro i giovani, che fossero presenti sul territorio a contatto con le nuove generazioni, per non perdere del tutto il terreno guadagnato in tanti anni. Purtroppo queste nuove organizzazzioni hanno in fretta tradito la Chiesa, creando, per così dire, una chiesa nella Chiesa. Ovvero, prima viene il movimeto o l’ordine, quel che sia, e solo dopo viene la Chiesa, quando la Chiesa dovrebbe esser prima di tutto. Se il Vescovo indice un incontro, e nello stesso giorno c’è un ritrovo del movimento/ordine, a quanto pare si preferisce il secondo al primo, il che è assolutamente folle. Si alleano con i politici, instaurando una convivenza troppo stretta. Se è vero che uno di questi movimenti ha accolto l’arrivo di Berlusconi con "Tu sei la luce! Ecco la luce!" è indizio della gravità della situazione. E dico questo non perchè sono antiberlusconiano, ma perché porre un politico, chiunque sia, come la luce è quanto mai grave e sciocco, anche se il Duce non avrebbe nulla da ridire…. Inoltre a me pare che questi movimenti/ordini abbiano una teologia loro e un Credo loro, che non sempre coincidono con quelli della Chiesa.  
Un ecclesiastico non dovrebbe essere di sinistra, di destra, o antiberlusconiano ecc. Politicamente, deve essere della Chiesa. E’ intollerabile che un prete abbia idee di sinistra o di destra. Deve avere idee ecclesiali.
La Chiesa di Roma dovrebbe iniziare con più forza di quella odierna a troncare i rami marci alle sue appendici, eliminando chi antepone alla Chiesa altri interessi e altri poteri. Vuol dire perdere una fetta, più o meno grossa non saprei, di fedeli? Probabile. Ma, in fondo, forse non perde propriamente qualcosa, dato che costoro non sono fedeli alla Chiesa, ma al proprio movimento/ordine.
 
Al giorno d’oggi, c’è una libertà di pensiero troppo vasta per i preti. E non c’è uno strumento veramente valido per tenerla sotto controllo. Ormai i Luteri si moltiplicano, perché non si possono più mettere al rogo e non c’è più un imperatore che muova loro guerra. Allo stesso tempo, di preti o religiosi di una diocesi che invoglino i giovani a rimanere e a partecipare, ce ne sono molto pochi, da quel che ho potuto vedere. Tanto per fare un esempio, il prete della mia diocesi ha perfino fatto andar via il coro della chiesa (che era anche abbastanza rinomato), perché non ci andava d’accordo, e ha sempre mostrato un ben piccolo appoggio agli scout FSE presenti (per quanto il movimento scout sia terribilmente pieno di macchie e impurità, è sempre meglio di atri movimenti). Non è una persona con cui si può facilmente presentare i propri problemi e le proprie domande di fede. Un francescano a cui chiedevo spiegazioni riguardo alla condizione "una disposizione d’animo che escluda ogni affetto al peccato anche veniale" relativa all’Indulgenza della Porziuncola, mi ha risposto in fretta e in modo non troppo gentile, almeno secondo me, come se stessi avanzando dubbi sulla validità dell’indulgenza.
E, contrariamente a quanto alcuni pensano, i preti giovani non sono una soluzione a questi problemi, almeno non del tutto. Molti di loro hanno una tendenza ad avere troppe idee politiche, o da una parte o dall’altra, e anche loro tendono ad avere una teologia propria e sembrano perfino, a volte, condividere critiche e attacchi alla Chiesa fatti dai non appartenenti al cattolicesimo.
 
La Chiesa ha bisogno di tutto l’aiuto di Dio in questo momento.
 
 
(2 Settembre 2010)

Infondatezza dell'ateismo, parte VI

"Ma allora dici che Dio non esiste". Commento dello scritto precedente.
Non ho detto che Dio non esiste. Ho detto che forse perfino l’era del Mondo è finita, e che ormai i culti antichi estinti sono stati riportati in vita privi della loro profondità originaria e che le grandi religioni d’Oriente sono state private della loro profondità. Non può un italiano medio diventare shintoista, buddhista o altro veramente. Io non lo ritengo possibile, fratelli.
Tuttavia, nonostante il mio disprezzo per tali nuove pratiche (poiché nuove sono, sebbene vorrebbero tanto ispirarsi veramente all’antico), forse si potrebbero vedere in un’ottica positiva, poiché, forse, potranno un po’ alla volta dar vita a un neopaganesimo serio. E dopo i tanti dei, si tornerà all’unico Dio. Questo in una visione ciclica. L’eterno ritorno dell’uguale…
In ogni caso, questi fenomeni odierni mostrano il bisogno dell’uomo di qualcosa oltre il finito, anche se, per adesso, che rimanga legato al finito, qualcosa che superi l’uomo come il sole supera la terra e il monte il mare. L’umanità occidentale, nel suo lento declino, si sta accorgendo che le sue sole forze, basate sulla scienza e la tecnica e il denaro, non bastano da sole a dare la tranquillità e la felicità che tanto si cercano. Al contrario, le inquietudini crescono, gli impegni si moltiplicano, il tempo per se stessi e per i propri cari sparisce, quasi che i Signori Grigi avessero invaso l’intero Occidente. Guardate, fratelli, come sono frettolose le nostre città, come sono inquieti e turbati i nostri animi, come la felicità ci appaia sempre così indistinta e lontana e la poniamo in cose che riconosciamo, nel profondo, come futili.
L’Occidente tramonta. Il Leone era convinto d’essere il più forte e di non aver bisogno di nulla, ma ora s’avvede della propria fragilità e d’essere, infine, null’altro che un soffio. Forse, un passo alla volta, si sta arrivando a tornare al Bambino.
L’uomo ha voluto liberarsi di Dio. Quando si è reso conto che invece non può esistere senza, è tornato da lui, brancolante creatura cieca e gemente. Chissà se Dio si libererà di noi.
 
 
(31 Agosto 2010)

Infondatezza dell'ateismo, parte V

Constatato come gli Emo interessino di più che il problema dell’esistenza o meno di Dio, cosa che mette in luce con chiarezza quanto la nostra società abbia bisogno di aiuto, riprendiamo con l’argomento originario.
Come tutti sanno, la Morte di Dio è già stata annunciata. Meno conosciuta, è la Morte dell’Uomo. La Morte del Mondo ignoro se sia stata pronunciata, ma potrebbe anche esser ora, non trovate fratelli? In questo modo, i Tre Grandi Argomenti della Metafisica sarebbero finiti, morti. Dio è l’argomento della metafisica Cristiana, l’uomo della metafisica moderna, il mondo di quella odierna.
Non notate che oggi fioriscono tantissimi culti "neopagani", culti che avrebbero fatto innoridire i pagani veri? Adoratori di Odino, degli dei Egizi, degli alberi, della Natura, e chi più ne ha più ne metta. Ci sono pseudo streghe e pseudo indovini; per non parlare, fratelli, di tutti quei gruppi di ispirazione Orientale, che praticano joga e simili discipline senza capirci nulla della profondità che vi sta sotto. Insomma, anche l’Oriente è stato profanato e rinventato da questi credenti Occidentali che, perso Dio e l’Io, si gettano sul Mondo. Ma forse anche il Mondo è morto e costoro non fanno altro che buttarsi nel Nulla, nascondendolo dietro a una maschera.
 
 
(23 Luglio 2010)

Emo

Nella mia dimostrazione dell’infondatezza e, in ultima analisi, inesistenza, dell’ateismo, faccio ora una breve pausa, per volgere lo sguardo, sebbene per poco e solo, purtroppo, superficialmente, su un fenomeno che pare di moda ultimamente, quello degli Emo.
Premetto che non ne so assolutamente nulla, ed è in virtù di questo che ne parlo. In un articolo di un giornale li hanno definiti una specie di neo romantici. Ora, saggio è convenire che il vero neo romantico sono IO e chi la mia scia segue o, casualmente, ha simile. Tuttavia, se questi Emo hanno il dono della poesia e scrivono, potrebbero essere inglobati nella definizione di neo romantici. Naturalmente, sono certissimo che solo uno su cento, e forse anche meno, di coloro che sono Emo siano anche poeti, perciò solo d’essi parlo quando intendo che possono essere inclusi nella definizione di neo romantici.
Dal punto di vista dello stile, o, se vogliamo, dell’abbigliamento e della pettinatura, non c’è nulla da dire: è perfetto. In particolare, se si aggiunge il trucco nero e lo smalto nero.
Ciò che però mi lascia dubbioso è un altro aspetto, ovvero tutta la parte, che fa tanto scalpore, a proposito dell’autoinfliggersi dolore, del suicidio e della malinconia. Per esempio, il suicidio è un suicidio fatto per il gusto del dolore, per cercare la morte, per fuggire da questa vita ingiusta e dalle difficoltà della vita, o come estremo gesto di libertà, affermazione dell’io sugli altri e sul mondo? E il dolore, perché viene inflitto? E la malinconia, di che tipo è? Com’è?
Inoltre, l’Emo, in sè, è "ateo" o credente in qualcosa che lo supera, che è oltre di lui?
E riguardo all’Arte, intesa in tutte le sue forme, che atteggiamento hanno?
Queste sono domande importanti, fratelli, che necessitano di una risposta per poter comprendere in modo più approfondito. Dunque prego eventuali persone a cui capiti di leggere queste righe e che si definiscono Emo di rispondere. 
 
 
(18 Luglio 2010)

Infondatezza dell'ateismo, parte IV, Approfondimento II

"…un umano essere nel momento in cui nasce è già circondato dal linguaggio, che non è solo il linguaggio verbale umano. Che poi sia ciò a dare esistenza, ne tratteremo in seguito" abbiamo scritto.
Or bene, fratelli, ammetto che solo ora scopro un filone di filosofi, naturalmente del ’900, poiché è nel ’900 che il pensiero filosofico Occidentale diviene completamente insensato, che sostengono che l’uomo esiste in virtù del linguaggio, che senza esso l’uomo non sarebbe.
Non ho certo la pretesa di contestare tali illustri pensatori, né di discutere con la stessa sapienza, sottigliezza e padronanza del lessico che hanno loro. Mi limito solo a far riflettere su alcuni aspetti.
Come ho già detto, il linguaggio è mezzo dell’uomo ed è contigente in seconda istanza, ovvero, perché esso sia, deve prima essere l’uomo. Dunque, accettando questo, è facile capire come l’uomo esista di per sè, indipendentemente dal linguaggio e non grazie al linguaggio. Tuttavia, è doveroso riflettervi meglio. Anche stando così le cose, il linguaggio è però strumento fondamentale dell’uomo, poiché grazie ad esso l’uomo si rapporta all’altro uomo, alle cose e al mondo; l’uomo già si trova in un contesto di linguaggio e grazie al linguaggio indaga il mondo, le verità e la Verità. E ciò, che sostengono quei filosofi, è vero. Ma il linguaggio, come detto, non è perché necessario, l’assoluto infinito avrebbe potuto far sì che l’uomo, per lo stesso scopo, potesse avere un qualsiasi altro mezzo. Il linguaggio acquisisce la sua importanza fondamentale perché è il mezzo che abbiamo, ma non si deve commettere l’errore di assolutizzarlo.
Vorrei inoltre, fratelli, parlar brevemente della "verità della parola". Come detto, la verità finita è dell’io ed è l’io che la costruisce, in base a una grande varietà di fattori, come esperienze, studi, cultura e luogo in cui è nato, possibilità avute e quant’altro. Questa verità l’io la esprime tramite la parola, e tramite la parola la crea. Questo perché è la parola, o, estendendo il senso, il linguaggio, il mezzo preposto a ciò (si potrebbe obbiettare che sia l’intelletto, la ragione o altro, ma altrove spiegherò cosa intendo con questo). Ma la parola in sè contiene verità o falsità? Solo nella misura in cui è l’io a mettervi falsità o verità, e dunque verità e falsità vanno cercate in primo luogo nell’io, e non nella parola. La parola inganna se c’è dietro un io che vuole ingannare o perché essa non fa intendere quel che l’io vorrebbe far intendere, in quanto anche la parola è imperfetta e fallace. Dunque, è saggio porre l’io prima della parola umana, poiché è suo mezzo. Mezzo fondamentale, perché senza la parola l’io sarebbe come in un guscio, senza possibilità di percepire nulla, né, forse, pensare nulla. Circa la Parola intesa come Divinità e circa quella artistica, diverso è il discorso.
 
 
(17 Luglio 2010)

Infondatezza dell'ateismo, parte IV, Approfondimento I

"E ciò mostra come sia il linguaggio a dipendere dal’uomo, e non l’uomo dal linguaggio" abbiamo scritto.
Quei tali filosofi, fratelli, sostengono che la parola, il linguaggio, non sia cosa dell’uomo, ma l’uomo si trovi in esso e che l’io esiste solo in quanto è nel linguaggio e lo utilizza. Se non lo facesse, non esisterebbe.
Ora, fratelli, è saggio convenire che sia l’esistenza a precedere l’utilizzo di qualsiasi strumento e capacità, ché, se non si esistesse, non si potrebbero utilizzare, mentre, esistendo, si possono o meno utilizzare. Possiamo adoperare la vista, se lo vogliamo, ma possiamo anche non farlo; ma solo in quanto esistiamo. Se non esistessimo, non potremmo nè usarla né non usarla. Il linguaggio e la parola sono mezzo e strumento dell’uomo.
L’uomo non è necessario, è contingente, e così tutte le sue capacità e strumenti; ma queste capacità e strumenti sono di un secondo livello di contingenza, minore di quello umano, perché se non fosse l’uomo, nemmeno loro sarebbero, mentre se esse non fossero, l’umano sarebbe comunque. Una mente infinita ha infinite alternative da offrire per un qualunque degli strumenti dell’uomo, perfino al linguaggio e alla parola, alternative che una mente finita non è in grado di concepire. Quindi, fratelli, linguaggio e parola potrebbero essere sostituiti da un’infinità di altre cose che permettano fini simili e consentano all’uomo di relazionarsi con l’altro. Si potrebbe obbiettare che allora non più si parlarebbe di uomo; ma se al principio l’uomo fosse stato pensato con qualcosa di diverso dal linguaggio e dalla parola, sarebbe stato quello che noi avremmo definito uomo.
Così come è l’uomo, è naturale che linguaggio e parola abbiano un’importanza fondamentale e senza d’essi l’uomo non riuscierebbe a restare in vita (si badi bene: restare in vita nel mondo finito, non esistere, ché continuerebbe ad esistere in ogni caso), ma sono comunque strumenti, i principali e più grandi e meravigliosi, ma sempre strumenti.
 
 
(16 Luglio 2010)

Infondatezza dell'ateismo, parte IV

Fratelli, porre la Verità nel finito, significa porla nel divenire. Ciò che diviene, come ha avuto un inizio, così ha una fine, per necessità, altrimenti sarebbe eterno. Ma se la Verità è nel finito, allora anch’essa è destinata a finire, e finirà quando l’ultimo uomo morirà, poiché il linguaggio e l’interpretazione, ove alcuni filosofi pongono la Verità, cesseranno di essere, in quanto sono solo finché è l’uomo. Qui, tuttavia, fratelli, si apre una parentesi che è saggio affrontare subito.
Questi filosofi eccelsi sostengono che non noi possediamo il linguaggio, ma ci troviamo già nel linguaggio. Ciò è corretto, poiché un umano essere nel momento in cui nasce è già circondato dal linguaggio, che non è solo il linguaggio verbale umano. Che poi sia ciò a dare esistenza, ne tratteremo in seguito. Da qui sostengono poi con processi di derivazione poco chiari e che fanno capo ai pensieri di Nietzsche, Heidegger e altri filosofi a noi vicini nel tempo, che la Verità è nel finito. Ora, dobbiamo convenire che o sono degli stolti, oppure che non intendono la Verità, ma le verità. Infatti, moltissime sono le verità, una per ogni io, e sono soggettive e relative e sono verità per l’io e per gli io che le accettano. Esse tramite il linguaggio si esplicano, si comunicano e tramite il linguaggio l’uomo si interroga sulla verità e la ricerca. Tuttavia, queste sono verità del finito, poiché sussistono solo finché l’uomo vive o, se si vuole estremizzare, finché il linguaggio è. Tuttavia, anche il linguaggio è finito, sia come capacità sia in sè, poiché quando non più l’umanità sarà, nemmeno esso ancora sarà. E ciò mostra come sia il linguaggio a dipendere dal’uomo, e non l’uomo dal linguaggio; ma di ciò ne tratteremo più avanti. Ora, fratelli, una verità finita che solo sul finito si basa, potrà mai appagare il desiderio di risposte dell’umanità? Mai. Solo una verità che si rifà alla Verità, intesa come unica e veramente vera, potrà farlo. Una tale verità è per forza una verità metafisica nel senso classico, ovvero una verità che va oltre questo mondo, oltre il finito, ed è assoluta e infinita. La verità finita può considerare se stessa come una tale Verità; e ciò fanno coloro che oltre alle leggi della scienza e della natura nulla ammettono, coloro che, insomma, assolutizzano il loro pensiero e lo pongono come Vero assoluto. C’è chi lo fa in nome della Verità, facendo coincidere il più possibile il proprio pensiero con la Verità, e allora è nel giusto, poiché non lo fa in forza di se stesso, ente finito, ma della Verità stessa infinita. Chi lo fa solo in forza di se stesso assolutizza ciò che è finito, il suo pensiero, senza che esso poggi su nient’altro che se stesso. Dunque senza alcuna leggittimità.
Altrimenti, è necessario porre come Verità vera qualcosa che trascende l’uomo e il linguaggio e il finito, qualcosa di assoluto e infinito, e che proprio grazie all’assolutezza e all’infinità è Vera, poiché fra un assoluto e un non assoluto, è l’assoluto ad essere Vero, Giusto, Buono e quant’altro, dato che si prende come termine il meglio e meglio dell’assoluto nulla è.
Questa Verità assoluta e infinita, per quanto, proprio perché tale, oltre la nostra portata, è la sola a poter porre termine alla ricerca della Verità vera, e la ricerca sarà sull’interpretazione e sulla comprensione di questa vera Verità. Se ci si ferma alle verità finite, la ricerca mai avrà fine e mai l’umanità sarà almeno in parte appagata e mai sarà possibile sostenere che qualcosa sia giusto o ingiusto, buono o non buono, vero o non vero.
 
 
(16 Luglio 2010)

Infondatezza dell'ateismo, parte III

Colui che nega l’esistenza della Divinità, è come chi, vivendo nelle profondità dell’artico, ove solo ghiaccio, neve, acqua, freddo e cielo sono, nega l’esistenza degli alberi perché mai li ha visti, mentre qualcuno, pochi, sostengono che essi sono, non qui, dove sempre si è vissuti e da cui non si può andarsene, ma altrove, e che è necessario credere che esistano, altrimenti non ci sarebbe la vita. Ora, non per questo, gli alberi non esistono in assoluto da qualche parte. Il non avere alla portata dei sensi non implica la non esistenza. Altrimenti diremmo che l’America non esiste.
 Tuttavia, c’è chi sostiene ciò, ovvero che se per una persona l’oggetto non esiste, effettivamente non esiste per quella persona. Ciò che è, è ciò che si trova nell’orrizzonte del singolo. Ma, come abbiamo già mostrato, fratelli, ognuno ha la sua Divinità.
Ma, se si volesse andare più a fondo in questo discorso ed esplicitarlo meglio, allora si vedrebbe che, negando l’idea in sè, il noumeno, ovvero il mondo, e mantenendo solo l’io penso, questo io penso assorgerebbe a Divinità e sarebbe Dio, poiché solo egli sarebbe creatore del fenomeno. Mi si dice, poi, che questo io pensante potrebbe essere autogenerato e poi subito morto, nel nulla un alito, oppure essere eterno, o eterno e finito insieme, nel nulla un punto privo di dimensioni che fra illusioni vive.
Or bene, fratelli, è necessario, per quanto la tesi sia affascinante, mostrare con chiarezza le conseguenze. Se l’io pensante è creatore del fenomeno, tutto viene da lui e da lui dipende e quando egli non sarà più, null’altro sarà e non resterà che il non essere, il nulla. Eppure, per quale ragione l’io dovrebbe essere? Chi lo fa essere, anche nel brevissimo tempo infinitesimale prima della sua scomparsa, o nella sua privazione di dimensioni? O si ammette un altro principio all’infuori dell’io, o si deve dire che l’io è grazie all’io stesso, che pone se stesso nell’essere. Ciò vorrebbe dire che l’io dovrebbe porre se stesso come diverso e porlo poi nell’essere e riconoscersi come io. Ciò è possibile. A meno che l’io non coincida in tutto con l’essere. Ma allora è Divinità e si ammette l’esistenza di una Divinità, che è l’io stesso.
Se l’io fosse fra un’illusione e l’altra, allo stesso modo la Divinità è necessario porla; o è una Divinità esterna a porre l’io nelle illusioni, o è l’io Divinità a crearsi attorno le illusioni. In ogni caso, il Dio esiste.
Ammettere che sia l’io Divinità pone una questione, tuttavia, che si pone anche se si insiste a non considerare l’io come Divinità: il noi, il tu, l’egli? L’altro, insomma? Sono creazioni dell’io? E chi assicura all’io di non essere una creazione di uno degli altri io? Il fatto che l’io sa di pensare, potreste rispondere. Ma l’io sa veramente di pensare? Non potrebbe essere un altro a dargli l’illusione di pensare e a dare origine al fenomeno? Ogni io potrebbe, invero, far parte del sogno degli altri io, i quali a loro volta fanno parte del sogno dell’io? E dunque, manca l’origine.
 Porre tutti gli io, con i loro sogni e creazioni, nell’unico sogno della Divinità, questo, fratelli, è saggio.
 
 
(10 Luglio 2010)

Infondatezza dell'ateismo, parte II

"Contestano il divieto dell’eutanasia? Forse che ciò mostra che il Dio non esiste? Confidiamo che nessuno sia tanto stolto da sostenerlo" abbiamo scritto.
Tuttavia, ben sapendo come l’umanità sia composta in buona misura da stolti, si ritiene, fratelli, essere conveniente spiegare in modo più esteso.
Secondo il Credo Cattolico della religione Cristiana, l’eutanasia è peccato e non va concessa. Allo stesso modo l’aborto e molto altro, che non è importante considerare singolarmente, poiché il discorso fatto per i due casi menzionati è valido anche per tutti gli altri.
Dunque, solo perché la Chiesa Cattolica sostiene ciò, e voi non siete in ciò concordi, non prova assolutamente che un Dio non esista, né prova che il Dio cattolico non esiste. Infatti, come si può, fratelli, negare la Divinità solo perché i Suoi emissari, rappresentanti, sostengono, in nome Suo, qualcosa che a noi non va? Non sarebbe tanto diverso dal ritenere che il re non esiste solo perché il suo ambasciatore propone a noi, un altro regno, condizioni che riteniamo ingiuste e contrarie alla nostra libertà. Forse che, per questo, il re dell’altro regno non esiste? E’ quanto mai ridicolo, non trovate?
Ma allora, si potrebbe obbiettare, se pure la Divinità esiste, è ingiusta.  Ma, se si ammette la Divinità, è privo di senso pensare che sia ingiusta, ma siamo noi, che abbiamo idee diverse da quelle della Divinità, ad essere ingiusti.
Si può ora dire che sono i rappresentanti della Divinità a interpretare male la Divinità stessa. Questo è certamente sostenibile, ma della Divinità non intacca l’esistenza.
Ci si potrebbe chiedere perché Essa non si manifesti in modo più chiaro; se lo facesse, priverebbe della libertà l’uomo. Ma allora, voi dite, anche quel che i Suoi rappresentanti cercano di fare priva della libertà l’uomo. Ma la Divinità, rispondo, può effettivamente privare della libertà l’uomo, poiché, come l’ha data, così può anche toglierla (ed è necessario ammettere che sia Essa ad averla concessa, ché, altrimenti, se l’uomo l’avesse di per sè, sarebbe indipendente dalla causa prima, il che non ha senso), mentre i Suoi rappresentanti no. Essi si limitano a fare quel che ritengano sia il bene per l’umanità, secondo la loro interpretazione della Divinità (che, ad ogni modo, mi pare che sia sempre molto migliore di quella che sento da parte di chiunque altro).
Indipendentemente dalla religione e dai rappresentanti di quella religione, quindi, è necessario ammettere che la Divinità esiste.
 
 
(9 Luglio 2010)

Infondatezza dell'ateismo

Ora, fratelli, è saggio convenire che Dio esiste. Quale sia fra le varie divinità non ha  assolutamente importanza; importa che un essere superiore, l’Assoluto, sia, esista.
E, in verità, dove mai, fratelli, abbiamo trovato una persona che sia veramente atea? I più, forse, non sono semplicemente persone che non si pongono il problema e che sono pronte a ricorrere al Dio quando è a loro comodo? Persone che non affermano, ma neppure negano?
Vi sono poi coloro che sono convinti d’essere atei, che sostengono che nulla esista oltre il finito. Or bene, non hanno forse anch’essi la loro divinità? Che sia il Caso, il piacere, la natura, l’uomo, l’oltre uomo, l’io, l’altro, l’amore, o qualsiasi altra entità o cosa, essa è il Dio di colui che si proclama ateo. E se pure non fosse nessuna di queste, sarebbe la sua convinzione della non esistenza di Dio ad essere il suo Dio. Fa del non essere la sua verità, e lo pone, volente o nolente, nell’essere  e quindi è. L’ateo completo e veramente ateo, se pure esiste, cosa di cui si dubita, ha come Dio l’essere ateo. E si trova, dunque, in una situazione di contraddizione, poiché, negando il Dio, nega anche la sua convinzione.
Coloro che pongono il fine della vita nel piacere, nell’io, nell’altro, nell’uomo, nell’amore e quant’altro, riconoscono questo fine come fine della loro esistenza e dunque lo riconoscono come Dio per loro. Poiché Dio è il fine.
Coloro che trovano nella scienza, nella natura, nel Caso o altro di simile la causa della vita e dell’essere, riconoscono queste cose come Dio, poiché Dio è causa.
Chi si ferma solo al fenomeno, tralascia sia la causa che il fine del fenomeno stesso, per quanto indietro e avanti voglia andare a cercare la causa e il fine. Per porre termine a tale ricerca inconcludente è necessario porre una causa incausata e un fine senza altri fini dopo di sè. Una tale causa e un tale fine non può che essere ciò che è Assoluto, e Assoluto è solo la Divinità. Una causa e un fine finiti non spiegano e a nulla portano.
In verità, i sedicenti atei sono più che altro degli anticattolici o degli anticristiani. Contestano il divieto dell’eutanasia? Forse che ciò mostra che il Dio non esiste? Confidiamo che nessuno sia tanto stolto da sostenerlo.
In sostanza, l’ateo ricerca una causa e un fine ultimi che gli facciano meno paura di un Assoluto e  che gli lascino una libertà apparente maggiore e che non creino fastidiosi problemi di coscienza. Poiché, fratelli miei, l’ateo cerca appunto un’esistenza rassicurante che crede alla portata sua e in cui si illude di poter dettare ogni regola, compreso il termine stesso dell’esistenza, che egli pone con la morte del corpo.
Se la Divinità non fosse, non potrebbe essere nemmeno l’ateismo.
 
 
(8 Luglio 2010)

Il Vero Cattolico

Fratelli, con dolore ancora apprendo che non si comprende chi sia il Vero Cattolico. E’ colui che adesrisce in tutto e per tutto alla Santissima Chiesa Cattolica di Roma, l’Unica e la Vera. Ella direttamente da Dio è ispirata. Se Dio comanda di sterminare il nemico fino all’ultimo bambino e all’ultima pecora, non farlo è andare contro la volontà dell’Onnipotente ed è peccato ed è Inferno. Allo stesso modo, se la Chiesa Veneranda ordina lo sterminio di ogni bambino nemico, è peccato non farlo, poichè è Dio che lo comanda.
Adesione completa alla Chiesa Romana, poiché si sa, per fede, che quel che Ella fa e dice è quel che fa e dice Iddio Onnisciente, e che quindi mai errore possa esservi. Questa è la Vera Fede Cattolica; chi così non agisce e non pensa, non è cattolico.
 
Questo è ciò a cui bisogna aspirare con tutta la propria forza, è la condizione del Cattolico Perfetto. Ben pochi sono coloro che la raggiungono. Ma a ciò bisogna mirare, se si vuole la salvezza eterna. Convertitevi al Cattolicesimo, dunque, fratelli! Abbiate la vera Fede! Dio e Cristo e lo Spirito! Ma certo! Ma unicamente nella Chiesa Cattolica Romana!
 
 
 
 
 
(29 Aprile 2010)

Pulizia



Ecco che la Santa Sede inizia a epurare i suoi rami marci, i rami che sono sempre lì per spezzarsi e separarsi da Essa. Questi rami traditori verrano raccolti e bruciati nel fuoco della purificazione!  Troppa tolleranza la Chiesa ha avuto nei confronti di certi movimenti che pretendono troppa indipendenza dalla Sede centrale. Movimenti che rifiutano di mostrare i loro statuti agli Arcivescovi inviati appositamente dal Santo Padre! Preghiamo, fratelli, perchè l’opera del Santo Padre Benedetto XVI, e della Chiesa Santa con lui, continui con forza e decisione, senza scendere a compromessi, arrivando, se necessario, alla chiusura dell’ordine.
Qui di seguito l’articolo a proposito della pulizia nei Legionari di Cristo.

" ROMA — "Commissariare i Legionari di Cristo". Dopo la morte del loro fondatore, padre Maciel, che si è reso colpevole di decine e decine di abusi sessuali su minori e di una vera e propria doppia vita fatta di donne e figli, e che in giro per il mondo si spacciava per un ingegnere o addirittura per un agente della Cia, l’opera di pulizia perseguita con determinazione da Ratzinger, quando era ancora cardinale, continuerà nei confronti del vertice della potente organizzazione cattolica. Diffusa in Messico, Sud America, Stati Uniti, Spagna e anche in Italia, può contare su ben 800 preti e le più diverse istituzioni sparse in tutto il mondo, oltre ad un organizzazione laicale, "Regnum Cristi".
Un’opera di pulizia che in un momento come questo — caratterizzato dall’esplosione dello scandalo della pedofilia nel clero in tutto il mondo — assume un carattere paradigmatico per tutta la Chiesa. I dirigenti attuali della Legione sono stati per decenni a fianco del fondatore, creando, secondo alcuni, intorno a lui una cintura di sicurezza che ha impedito fino alla fine degli anni Novanta di iniziare a fare luce sui suoi intollerabili abusi. "Commissariare i Legionari" è la proposta che emerge al termine della "visita apostolica" (in pratica un’indagine sul campo voluta da Benedetto XVI) dei cinque vescovi "visitatori": Ricardo Watti Urquidi, vescovo di Tepic in Messico (paese d’origine di Maciel), Charles J. Chaput, arcivescovo di Denver (Usa), l’italiano Giuseppe Versaldi, vescovo di Alessandria, Ricardo Ezzati Andrello, arcivescovo di Concepción in Cile; e Ricardo Blázquez Pérez, arcivescovo di Valladolid in Spagna. E’ bene precisare che ancora non è stata presa alcuna decisione: i "rapporti" dei cinque presuli sono nella disponibilità del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e dovranno essere illustrati dai "vescovi visitatori" (tra i quali Versaldi è uomo di stretta fiducia del cardinale segretario di Stato che lo volle suo vicario alla diocesi di Vercelli) probabilmente entro fine mese — ma forse anche prima, subito dopo il viaggio del Papa a Malta.
Tre i cardinali investiti del caso: oltre Bertone, William J. Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata. Nonostante il mea culpa affidato ad un comunicato emesso il 26 marzo, a visita apostolica conclusa, in nome dei Legionari, ma non firmato dalla dirigenza, in cui si rinnega padre Maciel come proprio modello, pronti a risarcirne le vittime, è cominciata comunque la ricerca di un "commissario" esterno alla Legione che possa dedicare alcuni anni ad un’opera di profondo rinnovamento che al tempo stesso salvi dallo "sbandamento" preti, seminaristi e laici che nella spiritualità dei Legionari hanno trovato una via per vivere la propria fede. E che, a parte gli abusi del fondatore, di cui sicuramente nulla sapevano, hanno vissuto "imbevuti" in un vero e proprio culto della sua personalità, irregimentati in una precettistica pervasiva, governati da statuti in parte segreti (che gli stessi "vescovi visitatori" hanno avuto difficoltà a farsi consegnare). Non è però esclusa del tutto la possibilità di un commissario interno, magari scelto nella dirigenza non compromessa con Maciel, visto che la linea di difesa del suo successore don Álvaro Corcuera e del vicario generale Luis Garza Medina – che furono per decenni strettissimi collaboratori di Maciel — è stata fino ad oggi che essi sarebbero stati sempre all’oscuro della doppia vita del fondatore che ha abusato di decine e decine di seminaristi e, forse, anche di un suo figlio. Il "commissario", sarà dotato di pieni poteri. Per questo si parla di un cardinale senza incarichi operativi, ma comunque ancora "cardinale elettore". Cominciano a circolare anche alcuni nomi che potrebbero rispondere all’identikit tra i membri del Sacro Collegio. L’ultima parola la dirà comunque Benedetto XVI cui, proprio con riferimento al caso di padre Maciel, ieri un editoriale del New York Times ha dato atto di aver fatto molto contro la pedofilia. Intanto a Orange, nel Connecticut, è stato chiuso e messo in vendita, anche per far fronte ai risarcimenti, il quartier generale dei Legionari negli Stati Uniti.
M. Antonietta Calabrò "


(19 Aprile 2010)

Diavolo Artistico e Diavolo Teologico

Fratelli, sempre rammentiamo che distinguere dobbiamo il Diavolo Artistico dal Diavolo Teologico, poichè l’uno con l’altro non coincide. E se pure l’artista crede che così sia, così non è e il teologo non lo può dimenticare. Il Diavolo Teologico può aver peccato per esser divino agli occhi dei simili suoi, per quanto come doti fosse ad essi superiori, come può accadere che un uomo abbia maggiore intelligenza e carisma dei simili suoi. Superiore nelle doti ma non nell’essenza, poiché sempre angelo egli rimaneva. Ma il voler essere divini agli occhi dei simili propri non è forse, infine, esser divini anche agli occhi propri? Voler essere Dio, ascendere alla divinità? E poter, quindi, dettar legge e ordinare secondo il proprio disegno e porre i limiti che si desiderano? Ed essere l’unico superiore in un universo di inferiori? Ma non è questo, in fondo, una ricerca di libertà superiore? La libertà da ogni forma di limite e la libertà di porre ogni forma di limite? E l’uomo non ha cercato anch’egli, e non cerca ancora, una simil forma di libertà, che sarebbe poi la Libertà Assoluta, libertà che solo l’Assoluto ha? E quindi è il voler avere la Libertà, e il tenere gli altri nell’inferiorità ed esser divino la colpa del Diavolo, ed è un tutt’uno, non colpe separate, ma una sola.
 
Il Diavolo Artistico è altra cosa ed esso dipende dall’artista ed è sua creatura, mentre il Diavolo Teologico di Dio è creatura. Il primo cambia e muta a seconda dell’artista ed è completo e corretto in se stesso e le sue azioni non vanno spiegate, poichè di una storia frutto dell’artista fanno parte; il secondo è creatura indipendente dall’umano e le sue azioni da Dio dipendono, in quanto sua creatura.
 
 
(1 Aprile 2010)

Dies Irae



Dies Irae, dies illa
solvet saeclum in favilla
teste David cum Sybilla.

Quantus tremor est futurus,
Quando judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus.

Tuba, mirum spargens sonum
per sepulcra regionum
coget omnes ante thronum.

Mors stupebit et natura,
cum resurget creatura,
judicanti responsura.

Liber scriptus proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus judicetur.

Judex ergo cum sedebit,
quidquid latet, apparebit:
nil inultum remanebit.

Quid sum miser tunc dicturus?
quem patronum rogaturus,
cum vix justus sit securus?

Rex tremendae majestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis.

Recordare, Jesu pie,
quod sum causa tuae viae
ne me perdas illa die.

Quaerens me, sedisti lassus,
redemisti Crucem passus:
tantus labor non sit cassus.

Juste judex ultionis,
donum fac remissionis
ante diem rationis.

Ingemisco, tamquam reus,
culpa rubet vultus meus
supplicanti parce, Deus.

Qui Mariam absolvisti,
et latronem exaudisti,
mihi quoque spem dedisti.

Preces meae non sunt dignae,
sed tu bonus fac benigne,
ne perenni cremer igne.

Inter oves locum praesta,
et ab haedis me sequestra,
statuens in parte dextra.

Confutatis maledictis,
flammis acribus addictis,
voca me cum benedictis.

Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis:
gere curam mei finis.

Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla
Judicandus homo reus.

Huic ergo parce, Deus:
Pie Jesu Domine,
dona eis requiem. Amen.
 
 
 
Giorno dell’ira sarà quel giorno
dissolverà il mondo terreno in cenere
come annunciato da David e dalla Sibilla.

Quanto terrore verrà
quando giungerà il giudice
a giudicare severamente ogni cosa.

La tromba diffondendo un suono stupefacente
tra i sepolcri del mondo
spingerà tutti davanti al trono.

La Morte si stupirà, e la Natura
quando risorgerà ogni creatura
per rispondere al giudice.

Sarà prodotto il libro scritto
nel quale è contenuto tutto,
dal quale si giudicherà il mondo.

E dunque quando il giudice si siederà,
ogni cosa nascosta sarà svelata,
niente rimarrà invendicato.

In quel momento che potrò dire io, misero,
chi chiamerò a difendermi,
quando a malapena il giusto potrà dirsi al sicuro?

Re di tremenda maestà,
tu che salvi per grazia chi è da salvare,
salva me, fonte di pietà.

Ricorda, o pio Gesù,
che io sono la causa del tuo viaggio;
non lasciare che quel giorno io sia perduto.

Cercandomi ti sedesti stanco,
mi hai redento con il supplizio della Croce:
che tanta fatica non sia vana!

Giusto giudice di retribuzione,
concedi il dono del perdono
prima del giorno della resa dei conti.

Comincio a gemere come un colpevole,
per la colpa è rosso il mio volto;
risparmia chi ti supplica, o Dio.

Tu che perdonasti Maria di Magdala,
tu che esaudisti il buon ladrone,
anche a me hai dato speranza.

Le mie preghiere non sono degne;
ma tu, buon Dio, con benignità fa’
che io non sia arso dal fuoco eterno.

Assicurami un posto fra le pecorelle,
e tienimi lontano dai caproni,
ponendomi alla tua destra.

Una volta smascherati i malvagi,
condannati alle fiamme feroci,
chiamami tra i benedetti.

Prego supplice e in ginocchio,
il cuore contrito, come ridotto a cenere,
prenditi cura del mio destino.

Quel giorno sarà un giorno di lacrime,
quando risorgerà dalla cenere
Il peccatore per essere giudicato.

Perdonalo, o Dio:
Pio Signore Gesù,
dona a loro la pace. Amen.



(23 Marzo 2010)

Inno all'Orgoglio

Si sente spesso dire che l’amore può tutto, che per amore si fa qualsiasi cosa, che anche dolore e sofferenza per amore si sopportano.
Eppure, pari forza ha l’Orgoglio, la Superbia.
Per Orgoglio si sopporta di tutto, si tace, mentre veleno scorre al posto del sangue, e il proprio sguardo potrebbe uccidere cento persone. 
L’Orgoglio dà la forza di andare avanti, di tollerare, di attendere, per dimostrare infine di essere nel giusto.
 
L’Orgoglio è paziente ed egoista.
L’Orgoglio si esalta di se stesso, trae da se stesso la forza, è orgoglioso.
L’Orgoglio disprezza i vermi della terra, non cerca il proprio interesse, non cede in modo manifesto alla collera, non dimentica mai un torto.
L’Orgoglio gode del male dei nemici, la loro sofferenza è la sua gioia.
L’Orgoglio non condona mai una colpa, solo in se stesso ha fiducia, non tollera gli insulti, mai perde la speranza della vendetta. 
 
 
(2 Febbraio 2010) 

L'Odio

av-100x100-07.jpg image by wai_plus
Confindo che quasi tutti conoscano il film a cartoni animati della Walt Disney "Anastasia". L’antagonista è Rasputin, che, esiliato dallo zar, si vendica scagliando una maledizione sulla famiglia reale, maledizione che ha come conseguenza la rivoluzione bolscevica.
 
Sasuke, il coprotagonista nella serie "Naruto", nonché il nemico del protagonista, è divorato dall’odio verso suo fratello maggiore, che ha sterminato tutta la famiglia e il suo villaggio, e, una volta scoperta la verità, verso un’intera città. Il suo odio è così forte che la sua stessa magia ne viene incrementata.
 
Ora, Sasuke e Rasputin, e con loro chissà quanti altri, sono davvero colpevoli di questo odio? Non è forse assai più colpevole chi provoca intenzionalmente l’odio? Colui che dà motivo di odiare?
 
 
(15 Gennaio 2010)

La Mascherata dei Morti

Io trovo più vita in una poesia di Baudelaire che in una festa allegra e scatenata. La festa non è altro che cadaveri in decomposizione che si agitano in finte parodie della vita, l’allegria e la gioia sono costruite, non sono vere, nient’altro che rose di carta raccolte in un mazzo. Essi si ubriacano di divertimento perché non hanno il coraggio di guardare in faccia la vita e vedere che è il teschio della Morte. Essi si circondano di cose vuote, che li illudono di vivere ed essere felici, ma che non son altro che maschere che nascondono i cadaveri marcescenti. Si drogano di piaceri della carne per non avvedersi della vita che li prosciuga di se stessa. Amore, affetto, amicizia non sono che costruzioni dell’uomo per cercare di adornare la vita, per renderla più attraente e distinguerla dalla morte, quando, che differenza vi è fra le due, se non che nell’una si soffre, nell’altra no?


(12 Gennaio 2010)

Sasori vs Deidara

Chi ha ragione nella grande disputa fra Sasori e Deidara, due personaggi dell’universo "Naruto"? Entrambi sono artisti, ma hanno una concezione dell’Arte opposta. Secondo Sasori, quello coi capelli rossi, l’Arte è eterna, perdura per sempre, immutabile. E i poteri magici di Sasori si basano infatti sulle marionette, in teoria imperiture, e lui stesso si è reso una marionetta, per divenire immortale e quindi essere lui stesso Arte, secondo la sua concezione.
Deidara, il biondo, invece considera l’Arte un affare di un istante, breve e intensa. E i suoi poteri magici rispecchiano la sua concezione: egli crea delle sculture di argilla che esplodono quasi subito. Lui stesso, alla fine, diventerà un’opera d’arte autodistruggendosi.
L’unico punto in comune è che entrambi considerano l’Arte bella.
Chi ha ragione in questa grande disputa, che, sebbene in termini diversi e più approfonditi, si ritrova un po’ in tutta la storia della creazione artistica?
 
 
 
(7 Gennaio 2010)

Lettera al Giornale

Ho scritto una lettera al giornale locale della mia città, il "Treviso" (ha una sezione apposita per le lettere e gli sms dei lettori). Poichè il contenuto attiene al discorso sulla politica che ho fatto nei due interventi precedenti, la riporto anche qui, prima la versione ridotta che il giornale ha pubblicato e poi quella originale.
 
Versione Ridotta:
 
ELIMINIAMO ANCHE IL NATALE

Finalmente giustizia! Finalmente la corte Europea obbliga a scacciare i Crocefissi dalle aule d’Italia! Finalmente sarà garantito l’ateismo dello Stato! Certo è solo un primo passo di un cammino molto più ampio che è necessario percorrere per intero contro l’oppressione della religione cristiana. E’ necessario far scomparire ogni simbolo che possa in un qualunque modo violare il diritto dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e violare la libertà di religione degli alunni. Tolti i Crocifissi è necessario  ora togliere tutti i simboli della cristianità. Bisogna abbattere le chiese presenti in Europa. Naturalmente vanno  distrutte tutte le opere d’arte correlate al cristianesimo e non si può prescindere dalle feste legate alla tradizione cristiana, Natale e Pasqua.  Aumenteremo i giorni lavorativi e la produttività.  Nessuno potrà più portare piccole croci appese al collo. e i preti? vanno segregati nelle catacombe, solo così potremo morire in santa pace.

Versione Originale:

Liberazione dai Crocefissi!
Finalmente giustizia! Finalmente l’Europa obbliga a scacciare i Crocefissi dalle aule d’Italia! Finalmente sarà garantito l’ateismo dello Stato! Certo, è solo il primo passo di un cammino molto più ampio che è necessario percorrere per intero contro l’opprimente religione Cristiana. E’ necessario far scomparire ogni simbolo che possa in un qualunque modo "violare il diritto dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni" e violare la "libertà di religione degli alunni". Tolti i Crocefissi dalle aule scolastiche, è ora indispensabile togliere ogni altro riferimento alla croce. Per cui bisognerà quanto prima abbattere tutte le chiese presenti in giro per l’Europa, cattoliche, protestanti o anglicane, non c’è differenza, radendole al suolo, in modo che non possano più negativamente influenzare i ragazzi d’oggi. E, personalmente, consiglierei di iniziare dalla basilica di San Pietro a Roma. Il passo successivo è distruggere tutta l’arte in cui compaia anche solo l’accenno di una croce. Naturalmente, le opere d’arte vanno distrutte sia fisicamente, sia estirpate dai libri e da Internet. Allo stesso tempo, non si può prescindere dalla rimozione di tutte quelle feste che richiamano troppo da vicino la religione e la Croce, prime fra tutte Natele e Pasqua. Il 25 Dicembre non deve più significare nulla per noi, ma essere un giorno lavorativo come tutti gli altri. E così l’Epifania, la Pasqua e tutto il resto. In questo modo, aumentando i giorni lavorativi, si aumenterà anche la produzione e il benessere di tutti migliorerà. Fatti questi primi passi fondamentali, non dovremo però abbassare la guardia, poiché la religione continuerà a comparire in modi subdoli ed infidi, impedendoci di avere libertà. Quante persone vanno in giro con una piccolo croce appesa al collo? Nessuno deve più osare portare quel simbolo infame di schiavitù! E i preti. Preti, monaci, frati, suore vanno tolti dalla circolazione, affinché anche il solo vederli non possa influenzare negativamente i ragazzi. Vanno segregati nelle catacombe, come all’epoca delle persecuzioni romane, cosicché non più infettino la nostra avanzata società. Certo, qualche pericolo rimarrà comunque. Se per puro caso due travi di legno cadono o vengono disposte a formare una croce, bisogna essere lesti a porle in altro modo più consono alla libertà. Assassinate in questo modo le tradizione d’Europa, potremo finalmente morire in santa pace.


(9 Novembre 2009)