venerdì 13 maggio 2011

Democrazia di Atene, democrazia d'oggi

Credo che esaminare brevemente la democrazia di Atene possa illuminare molto sulle democrazie attuali, le quali pare che si richiamino molto a quella ateniese, tanto è vero che un passo del celebre epitaffio di Pericle, scritto da Tucidide, in cui lo storico fa esaltare dal politico la forma di governo di Atene, è stato incluso nella costituzione europea, da cui invece sono state escluse le radici cristiane.
Innanzi tutto, la democrazia che noi abbiamo in mente quando pensiamo ad Atene è la cosidetta democrazia radicale, instaurata nel 461 da Efialte, che riuscì a far sì che l’Assemblea cancellasse quasi tutti i poteri dell’Areopago, il vecchio organo di governo che aveva retto la città per molto tempo e che era, si può dire, l’espressione dell’aristocrazia (la quale non va intesa nel senso medioevale-moderno del termine. Gli aristocratici stessi non erano ben certi dei confini del loro ceto). Questa democrazia, effettivamente, prevedeva che tutti i cittadini fossero uguali, potessero partecipare al governo dello stato e all’esercizio della giustizia (due cose strettamente legate, a differenza di oggi), e potessero essere eletti a qualunque carica, tranne a quella di stratego e ad alcune importanti cariche finanziarie, che richiedevano una determinata preparazione e, solitamente, erano d’appanaggio dell’aristocrazia. Tuttavia, chi erano i cittadini? I cittadini erano un’esigua minoranza della popolazione. Vanno esclusi in primo luogo tutte le donne e tutti gli schiavi. Poi vanno eliminati coloro che non avevano entrambi i genitori ateniesi e gli stranieri, seppur residenti ad Atene. Vi è sempre stata una forte tendenza a ridurre il numero di coloro che erano cittadini (solitamente, ad ogni modo, era necessario possedere della terra in territorio attico). Il numero preciso di cittadini veri non lo si conosce, ma si tendeva sempre ad escludere piuttosto che includere.
Comunque, effettivamente, all’interno di questo gruppo di privilegiati, tutti votavano, tutti, a rotazione (tutti quelli che volevano, ad esser precisi) facevano parte dei tribunali e dei consigli; tutti potevano accedere alla maggior parte delle cariche. Il governo era in effetti nelle mani del popolo, che lo esercitava direttamente (vi erano moltissime votazioni da fare per ogni aspetto). Le cariche pubbliche venivano retribuite (cosa unica nel mondo greco), in compenso del tempo sotratto ai lavori necessari al mantenimento della persona; non molto, circa quanto un salariato medio del tempo. Ciò provocava lo scandalo degli aristocratici, in quanto l’aristocratico era spesso associato a chi, potendo vivere di rendita, aveva il tempo per dedicarsi alla cosa pubblica. Durante questo periodo, il periodo pericleo, in quanto dominato dalla figura di Pericle, Atene divenne la città più grande della Grecia, la più ricca e la più bella. Sorsero le opere monumentali dell’Acropoli di Atene (costate, sembra, 2000 talenti, una cifra da capogiro per l’epoca), si pagava l’accesso al teatro per i meno ricchi, si pagavano le cariche pubbliche, si armavano le navi, ecc.  Tutti questi soldi da dove venivano? Non c’erano tasse sulla popolazione; c’era una tassa per l’ultilizzo del porto (corrispondente al 2% del valore delle merci trasportate), si ricorreva molto alle donazioni di privati, e vi erano gli incassi degli affitti di proprietà dello stato e le miniere d’argento del Laurio, per un totale di poche centinaia di talenti. Decisamente insufficienti per permettere le immense spese a cui andava incontro la città. E dunque, da dove venivano gli altri soldi? E’ presto detto: dai tributi pagati dagli alleati della Lega di Delo. Tale Lega era nata all’indomani della Seconda Guerra Persiana, quando il nemico persiano si era solo ritirato, ma lo stato di guerra permaneva. La Lega doveva, infatti, assicurare la sicurezza della Grecia. Non vi entrano a far parte le città del Peloponneso, ma quelle della Ionia, della Tessaglia e, in generale, del Nord della Grecia. Inizialmente, i soldi della Lega venivano conservati a Delo e formalmente le città facenti parte erano sullo stesso piano, sebbene Atene avesse il comando delle operazioni, essendo subentrata a Sparta ed essendo, effettivamente, la più potente. Ma in poco tempo, Atene dimostrò di essere la padrona della Lega, e non solo il capo militare. Il tesoro venne trasferito ad Atene e la distinzione fra entrate dello stato ed entrate della Lega praticamento cessò d’essere. In molte città di quello che stava diventando l’impero di Atene vennero imposti regimi democratici, e spesso magistrati ateniesi vi venivano madati. In breve, non più un’alleanza, ma un impero. E un impero molto duro, poiché Atene era la signora assoluta; entrare nella Lega era libero, ma uscirne era impossibile, a meno di non voler entrare in guerra con la città a capo. L’obbiettivo originario della Lega fu raggiunto: la flotta persiana venne del tutto sconfitta; ma le città della Lega rimasero legate ad Atene in un rapporto di sudditanza completa.
La democrazia radicale si connotò come estremamente aggressiva e guerrafondaia, in particolare durante la Guerra del Peloponneso. Sparta ne venne tirata dentro controvoglia dagli alleati, esasperati dalla politica aggressiva di Atene anche nei loro confronti. Atene, d’altro canto, sembrava impaziente di far guerra alla principale rivale in Grecia, per avere il controllo di tutta l’Ellade. Fu una guerra dura e, a mano a mano che procede, si assiste a una sempre più dura e crudele condotta degli ateniesi, sia contro i nemici, sia contro gli alleati (i tributi furono aumentati e ogni defezione severamente punita) sia contro i neutrali (celebre l’episodio raccontato da Tucidide dell’isola di Melo, i cui abitanti furono uccisi brutalmente o venduti come schiavi). Se in parte questo comportamento può essere imputato al fatto che la città aveva perso la guida di Pericle, ciò non basta a render conto di come la democrazia di Atene si comportò nel corso della guerra.
Alcibiade esortò gli ateniesi a intraprendere una grande operazione contro Siracusa in Sicilia. Già alcuni anni prima ne era stata tentata una di poco inferiore, con esito deludente. Ma Alcibiade, abile e carismatico oratore, riuscì a far votare la proposta. Grandi furono i preparativi e le aspettative (pare che l’idea fosse di conquistare tutta la Magna Grecia e, secondo alcuni storici, anche Cartagine), disastroso l’esito. Alcibiade abbandonò la spedizione quasi subito, per evitare di ubbidire all’ordine che gli ingiungeva di tornare in patria e affrontare il processo per la mutilazione delle erme. E dove si rifugiò? A Sparta! E lì, per farsi benvolere, consigliò di inviare in Sicilia, in aiuto di Siracusa, il comandante spartano Gilippo, e di occupare in modo permanente la fortezza attica di Decelea, interrompendo i rifornimenti di argento (finora infatti gli spartani avevano invaso l’Attica ogni anno, per poi abbandonarla al sopraggiungere dell’inverno). Entrambi i suggerimenti ebbero il loro effetto positivo: in Sicilia l’intero esercito ateniese fu distrutto; o morirono o vennero schiavizzati. Nicia stesso, l’altro stratega mandato con la spedizione e che si era opposto fermamente a che venisse fatta (e, in generale, propendeva per un accordo con Sparta), morì; Atene si trovò mezza assediata, con il nemico perennemente sulla sua terra, e in condizioni finanziarie che incominciavano a farsi gravi. Non contento, Alcibiade si recò in Persia, dove riuscì a far sì che il Gran Re finanziasse Sparta. Fu questo, più di ogni altra cosa, a decretare il fato di Atene. Infatti, ora, Sparta poteva contare sulle formidabili risorse finanziarie dell’Impero Persiano, con le quali poté armare una flotta e finalmente competere sul mare con Atene. Alcibiade riuscì poco dopo a tornare ad Atene, accolto da una folla festante che lo nominò stratego. Dopo una vittoria navale, gli ateniesi rigettarono con arroganza le proposte di pace avanzate da Sparta. Alcibiade perse, e non per sua colpa, una secondaria battaglia navale e venne immediatamente esiliato da Atene (morì poco dopo in Persia, assassinato). Atene si ostinò nella guerra, fino a che non fu costretta a capitolare. Nonostante Tebe e Corinto ne invocassero a gran voce la distruzione, Sparta decise solo di imporre una flotta massima di 12 navi, di abbattere le mura e di instaurare un governo oligarchico.  

Non vi sembra un po’ particolare il comportamento di questa democrazia? Non vi sembra quasi accecata da Ate, spesso evocata nelle tragedie che tanto amava il popolo ateniese? Uno stato impazzito, assurdamento superbo, con enormi progetti impossibili da realizzare e un’ostinazione e una arroganza paurose? Ybris, si potrebbe dire con i greci. Eppure questa è la democrazia su cui dicono di fondarsi quelle attuali. Si può obbiettare che però la democrazia di Pericle non era così. Non è vero. E’ con Pericle che la Lega diviene un impero molto duro, ed è con Pericle che si prepara la guerra con Sparta. Pericle aveva gli stessi desideri e ambizioni del resto del popolo di Atene, solo supportati da una bravura e strategia migliori. Allora si potrebbe obbiettare, come lo stesso Tucidide afferma, che quella di Pericle non era una vera democrazia, ma il governo del primo cittadino, e che i guai sono cominciati quando, morto lui, sono arrivati i demagoghi che lasciavano fare al popolo quello che voleva. Ma era pur sempre l’Assemblea, ovvero il popolo, ad eleggere Pericle e ad approvare, e volere, la guerra e la politica imperialista. Il potere rimaneva comunque nel popolo, ed era esso ad esercitarlo. E teoricamente la democrazia, antica e contemporanea, si basa su questo, non sul potere del primo cittadino.
Se ci pensiamo, effettivamente è su questa democrazia che si basano le nostre. Le radici cristiane nella costituzione europea non sono state inserite non perché non vi siano (sebbene, si inteda, i nostri politici siano convinti che manchino), ma perché non le si vogliono, poiché contrasterebbero pericolosamente con la democrazia che si prospetta. Una democrazia guerriera e militante che, molto più di qualunque religione, è convinta di avere la verità in tasca e d’essere la forma migliore possibile di governo, a cui tutti devono adeguarsi.

mercoledì 11 maggio 2011

Le guerre persiane e 300

Vorrei tracciare un breve e incompleto confronto fra il film 300 e quello che accadde veramente durante le guerre persiane.
Partiamo da un dato di fatto: chi volesse studiare la storia, o anche solo la cultura della Grecia antica, non deve assolutamente vedere il film "300". In quel film non c'è praticamente nulla di storico o di verosimile, salvo la vicenda in sé, cioè la Seconda Guerra Persiana, che sappiamo essere avvenuta davvero. Erodoto avrebbe un infarto, se vedesse quel film. Infatti, Erodoto era un grandissimo estimatore dei persiani e l'idea della lotta fra l'Occidente civilizzato, istruito, bello, buono, ecc, e l'Oriente barbarico, grezzo, cattivo, non compare affatto. Anzi, Erodoto appoggia apertamente i persiani nella rivolta ionica, ovvero la rivolta delle città greche dell'Asia Minore, a cui Atene ed Eretria prestano aiuto inviando delle navi. Fu l'invio di queste navi a dare origine alla Prima Guerra Persiana, poiché il Gran Re Dario I volle vendicarsi. In fondo, le due città gli avevano implicitamente dichiarato guerra. Venne inviata una flotta che sbarcò un esercito presso Eretria, la quale, dopo una settimana di assedio, si vide tradita da un cittadino; le porte furono aperte e la città venne distrutta e la popolazione massacrata (stessa sorte era toccata a Mileto, città dell'Asia Minore, al termine della Rivolta Ionica). L'esercito persiano sbarca poi a Maratona. Atene, nel frattempo, dopo aver optato per una battaglia in campo aperto invece che un assedo, aveva chiesto soccorso a Sparta, ma la guerriera e coraggiosa Sparta si rifiutò di inviare aiuti, a causa di feste religiose. In effetti, i soldati di Sparta arrivarono, ma quando tutto era già concluso. Solo Platea rispose all'appello di Atene, inviando un piccolo contingente. L'esercito di Atene era composto da circa 10000 uomini, mentre quello persiano si crede che fosse all'incirca il doppio. Dopo vari giorni di tentennamento da parte di entrambi gli schieramenti, Milziade (uno dei pochissimi grechi che all'epoca conoscesse bene i persiani e il loro modo di combattimento, per via di contatti economici con loro) risolse per l'attacco. La battaglia durò poche ore e pare che solo 200 greci morirono, mentre i persiani persero 6000 uomini (le cifre son sempre il risultato di una mediazione con le fonti originarie, in questo caso attentibili).
Potremmo chiederci come sia possibile una tale disparità di morti. A parte che non è l'unico caso nella storia, c'è da rilevare soprattutto due cose:
- i greci erano meglio armati e meglio allenati dei persiani (il che non significa affatto ritenere l'esercito persiano composto da schiavi, come vorrebbe il film...);
-la spedizione persiana non era venuta lì per conquistare, ma solo per vendicare. Era un tentativo debole; si può dire che Dario avesse sottovalutato i greci.

Serse decise di andare sul pesante e annettere completamente la Grecia. E qui veniamo al periodo storico trattato dal film. Iniziamo col dire che buona parte dei Greci del nord si sottomisero spontaneamente a Serse, Tebe in prima fila. In fondo, un grande esercito si stava muovendo contro di loro, e non si può dar torto se molte città preferirono sopravvivere invece che esser assediate e distrutte. Anche l'Oracolo di Delfi consigliava di non combattere (forse da qui deriva la scena degli Efori nel film; tuttavia, non esistono elementi che indichino che l'Oracolo delfico fosse stato corrotto. Semplicemente, la cosa più probabile sembrava la sconfitta, pertanto esso consigliava di non opporsi, in modo da salvarsi).
La prima vera battaglia fu combattuta alle Termopili. Ora, quel campo di battaglia fu scelto come compromesso dalla lega antipersiana, a cui partecipavano sia Atene che Sparta, oltre a molte altre città. Sparta era stata scelta come comandante militare della lega, ma, come vedremo, fu uno dei capi ateniesi a garantire la vittoria. Sparta, altamente altruistica nei confronti degli altri greci, intendeva fortificare e difendere l'istmo di Corinto, in modo da impedire l'accesso al Peloponneso, ove era situata Sparta e le sue alleate, abbandonando Atene e le altre città della zona settentrionale all'istmo al loro destino. Naturalmente, Atene si oppose e fu così scelto il passo delle Termopili, dove fu radunato un esercito di circa 5000 uomini, fra cui i 300 famosi spartani, al comando di Leonida. Ora, qui è verosimile che i persiani arrivarono, aggirarono il blocco, e attaccarono. I 5000 si dispersero: rimasero solo gli spartani, i tespiesi e i tebani, obbligati a restare come ostaggio per impedire a Tebe di inviare aiuti ai persiani. Scelsero di restare, e fu un atto corraggioso, in linea con la cultura spartana, ma nulla di più. Non si erano volute veramente difendere le Termopili.
Fra parentesi, non si ha alcuna certezza sul nome e l'identità del traditore che fece da guida ai persiani (lo stesso Erodoto lo dice esplicitamente), e, più che un traditore, potrebbe essere una persona locale ingaggiata dai persiani come guida, poi, a posteriori, definita traditore.
Ora, qui, sarebbe interessante fare un raffronto con gli eserciti presentati nel film.
-L'esercito di Serse non era composto da un milione di uomini, come vogliono sia Erodoto che il film, ma era indubbiamente un esercito molto grande per l'epoca e per gli standard greci, abituati agli eserciti di singole città, che al massimo (e solo le più grandi e potenti) potevano schierare 10000 uomini;
-L'esercito greco, come abbiamo appena detto, non era composto da 300 spartani e 1000 focesi, ma da 5000 soldati, fra cui i 300 e i 1000. Erano inoltre ben armati, probabilmente opliti; certo è che, soprattutto gli spartani, non andavano in battaglia con scudo, elmo, lancia, spada e un mantello rosso. Uno degli elementi di forza della falange oplitica era appunto l'armatura;
-Stranamente, l'esercito persiano potrebbe includere degli elefanti da guerra, ma non sappiamo se erano presenti nella spedizione di Serse (e certo non erano quei mostri enormi che mostrano nel film...);
-I genieri che lanciano delle specie di granate esistevano veramente, e venivano usati soprattutto durante gli assedi, dagli assediati contro gli assedianti. Ma non nei luoghi in cui si svolgono le vicende greco-persiane;
-Rinoceronti da guerra non esistevano;
-Vengono presentate varie strane truppe nel film, più simili a mostri che ad altro: non esistevano naturalmente, né c'erano truppe provenienti dall'Africa, se non dall'Egitto;
-Gli Immortali non erano degli orchi con le maschere, bensì il corpo scelto dell'esercito persiano, composto da 10000 uomini ben addestrati, chiamati così perchè il loro numero rimaneva sempre fisso: morto uno, veniva sostituito immediatamente;
-Non c'erano giganti o cose simili si intende;
-Per quanto ai contemporanei possa dispiacere, i rapporti omosessuali erano tipici dei greci (spartani in primis), e non dei persiani;
-La corte di Serse è inventata di sana pianta. I persiani avevano nella loro religione una fortissima componente morale, per cui il rappresentare la dissoluta corte di Serse in quel modo non è che un attacco sferrato al mondo Orientale;
-E' altamente improbabile che Serse pensasse di conquistare l'Europa, dopo aver preso la Grecia. Gli stessi romani hanno volto lo sguardo a nord solo molto tardi. E' il Mediterraneo quel che interessa tanto ai persiani quanto ai greci.
-L'esercito di Serse non era composto da schiavi, e, in generale, la schiavitù non era monopolio dell'Oriente, anzi. Basti pensare che Sparta si reggeva unicamente sul lavoro degli Iloti, di condizione servile.

Detto questo, possiamo procedere velocemente ad esporre come si consluse la vicenda. Gli ateniesi fuggirono sull'isola di Salamina, mentre Atene (per vendicare l'incendio di Sardi durante la Rivolta Ionica) veniva incendiata. A Salimina era concentrato il grosso della flotta greca, circa 300 navi, con una forte componente di quelle ateniesi, e posta al comando dello spartano Euribiade. La flotta persiana era molto numerosa, e comprendeva navi delle città greche della Ionia e un contigente delle efficienti navi fenice. Ancora una volta, gli spartani volevano trasferire la flotta più a sud, per difendere il Peloponneso, ma Temistocle, comandante del reparto navale d'Atene, fece sì che la battaglia scoppiasse prima che ciò si potesse attuare, poiché, nello stretto spazio di mare disponibile, la superiorità numerica persiana sarebbe stata inutilizzabile, facendo prevalere invece la maggiore manovrabilità delle navi greche. Infatti, i greci vinsero. E fu questa vittoria a decretare la salvezza della Grecia, poiché i persiani si trovarono di colpo senza i mezzi per far arrivare i rifornimenti all'esercito e senza la possibilità di contrastare i greci via mare.
Serse tornò in patria con una parte dell'esercito, lasciando Mardonio in Grecia. A Platea si combattè. Per l'occasione, i greci erano riusciti a radunare un enorme (per loro) esercito, 60000-70000 uomini, fra cui circa 40000 armati come opliti. I persiani erano all'incirca altrettanti, grazie agli aiuti ricevuti dagli alleati greci. Fu complesso per entrambi gli eserciti schierare e muovere tali numeri imponenti, soprattutto perché entrambi i contendenti avevano limitate capacità logistiche. La battaglia rivelò la superiorità della fanteria greca su quella persiana. Ancora una volta, conta molto, per la vittoria, il fatto che l'esercito greco fosse effettivamente superiore sia dal punto di vista militare sia di quello dell'armamento a quello persiano. Come dice Erodoto: "[i persiani] non erano certo inferiori per coraggio o per forza, ma, oltre ad essere privi di armatura oplitica, erano inesperti e impari ai nemici nell'arte militare". Sempre nella medesima estate, la flotta persiana fu del tutto distrutta a Capo Micale.

Ora, dobbiamo ricordarci che le fonti di queste due guerre sono solo di parte greca. E' greca l'enfasi sull'importanza e la grandiosità di queste guerre. Per il mondo greco, senza dubbio, furono grandi e fondamentali. Ma per i persiani? La prima, indubbiamente, fu un fatto completamente secondario, i soliti problemucci di provincia. La seconda, sebbene preparata con grande apparato, alla fine è stata solo una sconfitta, sconfitta che, fra l'altro, non intaccò l'impero persiano in sè e che aveva avuto, ad ogni modo, le sue soddisfazioni (come l'incendio di Atene). Non era una sconfitta completa, insomma. Dunque, non è del tutto irreale la possibilità che per i persiani non sia stata, dopo tutto, la tragedia e la disfatta che i greci lascerebbero credere. Soprattutto, a differenza del film, non è stata la vittoria del buono e giusto Occidente con il crudele e ingiusto Oriente.